251 apr-mag-giu 2012 ok ok - misericordia di firenze | portale · 2012. 4. 27. · la bella...

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Trimestrale sped. abb. post. 45%-art.3 comma 20 lettera b Legge 662/96 - Filiale di Firenze - 1,00 San Sebastiano Periodico della Misericordia di Firenze www.misericordia.firenze.it anno 64° n. 251 Aprile-Maggio-Giugno 2012 I Cabrei: pittori agronomi in mostra a pag. 4-5 Marasco: canto Firenze per non dimenticare a pag. 14-16 La chimica ci salverà (oppure ci schiavizzerà) a pag. 22-23 Così abbiamo festeggiato il nostro Santo Patrono pag. 24-25

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    I Cabrei:pittori

    agronomiin mostraa pag. 4-5

    Marasco:canto Firenze

    per nondimenticarea pag. 14-16

    La chimicaci salverà(oppure ci

    schiavizzerà)a pag. 22-23

    Così abbiamo festeggiatoil nostroSanto Patronopag. 24-25

    251_Coperta_Apr-Mag-Giu_ 12/03/12 11:06 Pagina 1

  • www.audioclinic.it

    FIRENZE Via del Giglio, 53/R (pressi Stazione S.M.N.) - Tel. 055.281659 CALENZANO Farmacia della Marina - Via di Prato, 26 (merc. ore 10 - 13)BADIA A RIPOLI Misericordia di B. a Ripoli - Via Chiantigiana, 26 (ven. ore 10-13)

    251_Coperta_Apr-Mag-Giu_ 12/03/12 11:06 Pagina 2

  • SOMMARIO n. 251 Aprile-Maggio-GiugnoIn copertina foto di Mauro Bigi

    LA DEMOCRAZIA DI MONTI E I CAMMELLI DEGLI EMIRIdi Maurizio Naldini.........................................pag. 3

    I CABREI: PITTORI-AGRONOMI IN MOSTRAdi Cristina Acidini............................................pag. 4

    FERDINANDO ZANNETTI: IL MEDICO CHE SALVÒ GARIBALDIdi Donatella Lippi............................................pag. 6

    IL NUOVO ANNO GIUDIZIARIO FRA DUBBI E PERPLESSITÀdi Lapo Puccini................................................pag. 8

    LA BELLA ADDORMENTATAdi Giovanna Carocci.......................................pag. 10

    QUANDO LA REALTÀ DIVENTA FICTIONdi Riccardo Giumelli.......................................pag. 12

    MARASCO: COME AMARE FIRENZE E DIFENDERLA CONLA MUSICA

    di Silvia Nanni..............................................pag. 14

    LA CHIMICA CI SALVERÀ (O CI RENDERÀ SCHIAVI)di Alessandro Maresca.....................................pag. 22

    VITA SOCIALE..............................................pag. 24/41

    SAN SEBASTIANOPeriodico della Venerabile

    ARCICONFRATERNITA della MISERICORDIA di Firenze

    Ente morale fondato nel 1244 - onlus

    Piazza Duomo, 19/20 - 50122 FirenzeTel (+39) 055.239.393Fax (+39) 055.292.052c/c postale n° 354.506

    Codice fiscale e Partita IVA 00803490481Sito Internet: www.misericordia.firenze.it

    Anno 64 - n° 251Aprile - Maggio - Giugno 2012

    Abbonamento sostenitore: euro 12Gratuito per gli ascritti

    Spedizione in abbonamento postale - Firenze

    EDITOREMisericordia di Firenze

    COMITATO EDITORIALEAndrea Ceccherini - Clemente Zileri

    Dal Verme - Fabrizio Ariani - Massimo Naldini - Roberto Lasciarrea Pier Luigi Ghezzi - Ottavio Matteini -

    Alessandro Maresca - Lapo Puccini Donatella Viligiardi - Riccardo Giumelli

    Donatella Lippi - Giovanna Carocci Cristina Acidini - Giampiero Masieri

    DIRETTORE RESPONSABILEMaurizio Naldini

    SEGRETARIA DI REDAZIONESilvia Nanni

    DIREZIONE E REDAZIONEVia D. da Castiglione, 13 - 50125 Firenze

    Tel. (+39) 055.230.7285 - Fax (+39) [email protected]

    PUBBLICITÀMarco Scutaro 392-1231015

    [email protected]

    STAMPAC.G.E.

    Via G. Massaia, 98 - 50134 Firenze

    REGISTRAZIONITribunale di Firenze n° 116 del 15-09-1949

    Registro Naz. della Stampa n° 5531dell’ 11-12-1996

    Gli articoli firmati riflettono soltanto l’opinione degli autori.

    Questo numero è stato chiuso in tipografia il 12 marzo 2012

    Tiratura 12.000 copie

    Orario Uffici: 08.00 - 14.00 escluso il sabatoInformazioni generiche: [email protected] Soccorso: Servizi con autoambulanze attrezzate per larianimazione, con medico a bordo, trasporti con autoambulanzenormali e trasporti sociali, in Italia ed all’estero (3 linee - tel.055.212222 - fax 055.2393266)Sezioni:CAMPO DI MARTEViale dei Mille, 32 tel. 055.572665 - 055.571190 - fax 055.579271OLTRARNOVia del Sansovino, 172 tel. 055.7399111 - fax 055.704011NORDVia Faentina, 324 - tel. 055.571333Guardia Medica Pediatrica: Tel. 055.700001Onoranze Funebri (Ofisa): Tel. 055.489802 (nott. tel. 055.489805) fax 055.461408Cimitero di Soffiano: orario dal 1 ott. al 31 mar. 08.00-12.00/14.00 - 17.00. Dal 1 apr. al 30 sett. 08.00- 12.00/15.00 - [email protected] - tel. e fax 055.710188Protezione Civile: [email protected] - Viadella Romagna Toscana tel. 055.7326161Aiuto Alimentare:Tel. 055.701740

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  • San Sebastiano Aprile 2012

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  • o fatto scalo a Dubai durante un viag-gio verso il Sud Est Asiatico. E non tro-vando di meglio, era lo scorso febbra-

    io, ho letto l’edizione inglese del GulfNews, il giornale degli Emirati, di coloroche tramite il petrolio hanno trasformato ildeserto in una Gardaland internazionale. E’ un giornale che trasuda ricchezza. Scrit-to da gente che ha consuetudine con i dol-lari, i petroldollari, quelli che speculanosulla finanza mondiale. Ci sono per lo piùvolti di emiri che, si capisce, sono abituatia comandare. Inaugurazioni di hotel a set-te stelle. Proposte di investimenti con inte-ressi a due cifre. Altro che Europa, altroche Grecia, altro che spread. Sfoglio an-noiato, già pregustando la fine del fasci-colo, quando a pagina 38 mi imbatto nel-la foto del nostro Mario Monti, e in un tito-lo che lo riguarda. E’ definito “l’uomo cheha depoliticizzato la democrazia”. E lo sitratta come se fosse un genio. L’Italico ge-nio voglio dire, come un Leonardo da Vin-ci, un Enrico Fermi, un Enzo Ferrari. Maquello che più mi colpisce, arrivato alla fi-ne del lungo e informatissimo articolo, è lafrase finale. “Se Monti riuscirà a salvarel’Italia, come sembra, avrà inventato la for-mula per salvare l’economia dell’Occiden-te. Depoliticizzare la democrazia, è infat-ti l’unico modo per stare al passo coi tem-pi e coi mercati.” Mi chiedo quale valorepossiede una frase del genere scritta da ungiornale degli Emirati, ovvero luoghi dovela democrazia non c’è mai stata. Già, puòesistere la democrazia senza la politica? Ineffetti la formula inventata non da Monti –che ne è il perfetto esecutore – ma dal pre-sidente Napolitano, è un modo geniale perfare ciò che occorre ma senza le pastoie,le perdite di tempo, le chiacchiere, perfinola corruzione che la politica ci ha propostoper anni. E’ il solo modo possibile per farescelte in tempi brevi, per adattare la nostraeconomia, anzi, la nostra civiltà, all’acce-

    lerazione imposta dal mondo globale. Equesto vale non solo per l’Italia, ma perl’Europa tutta, anzi, per l’Occidente. Per-ché dovendo opporci a realtà economiche– la Cina in primo luogo – dove si coniugala dittatura e il mercato, l’unico modo peravere spazio si direbbe quello di inventa-re una “via democratica al decisionismo”o piuttosto, come qualcuno ha scritto, “ladittatura a tempo di chi sa come fare.”E allora, se questa è la strada – e così ci di-cono gli emiri che fino a mezzo secolo fausavano i cammelli invece che le limousi-ne – ci rendiamo conto di cosa ci aspetta?I nostri schemi mentali, il nostro linguaggio,quella che passa con il termine generico dicultura sarà totalmente modificata neiprossimi anni. Temi come la partecipazio-ne, la rappresentatività, il consenso, tuttoverrà riportato ad un solo elemento: la co-noscenza reale dell’economia e delle sueregole. Chi sa comanda, chi non sa si met-ta da parte e non disturbi il manovratore.Scenari possibili? Tutti, o quasi. Come ac-cade quando il corso della storia ha unaforte accelerazione. Si torna all’epoca deifatti dopo aver archiviato quella delle pa-role. Giusto, ingiusto? Non è questo checonta. Ha invece un senso chiedersi: cosarimarrà del vecchio sistema quando l’epo-ca Monti sarà finita? O meglio ancora, fi-nirà davvero quest’epoca? Sapremo rinun-ciare alla loro capacità di fare? Perché al-tro che tecnici, Monti ed i suoi rappresen-tano, è fuori discussione, una oligarchiadel sapere. E allora, ammettiamolo. Il nuo-vo che avanza attrae e fa paura allo stes-so tempo, ma proprio per questo vale la pe-na di essere vissuto. Sapevamo, infatti, cheandava ormai riscritta la definizione di de-mocrazia parlamentare, evitando le suedegenerazioni, ma non potevamo imma-ginare che l’avremmo fatto in pochi gior-ni, all’italiana, mentre la casa bruciava. Innome e per conto di una civiltà intera.

    San Sebastiano Aprile 2012EditorialeEditoriale

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    diMaurizio Naldini

    LA DEMOCRAZIA DI MONTIE I CAMMELLI DEGLI EMIRI

    HH

  • on una mostra raffinata dedicata ai“Cabrei” per la cura di Lorenzo

    Nannelli, l’Accademia dei Georgofi-li ha riportato all’attenzione del pubblicoun genere al confine tra l’utilità e la bellez-za, che verrebbe da definire ‘ritratto diproprietà terriera’. La parola “cabreo”,che possiamo tranquillamente annoverarenei ranghi sempre più folti dei lemmi de-sueti, sintetizza la combinazione dei termi-ni latini caput, ‘capo principale’, e brevis‘lettera, documento, lista, registro’. L’og-getto “cabreo” - mappa o raccolta di map-pe, con vedute e didascalie, che illustra ter-reni ed edifici su di essi insistenti - è notoin Toscana fin dalla metà del Cinquecen-to, e arriva a tutto il Settecento, dopodichéaltri e più esatti metodi di misurazione erappresentazione dei terreni si affermanodefinitivamente. Il fascino di questi documenti cartacei (chefu evidente fin dal 1978, data della pub-blicazione Cabrei in Toscana di LeonardoGinori Lisci) affonda nella loro natura mol-teplice. Soggettive ‘fotografie’ di certi luo-ghi in certe date, consentono di ricostruire

    passaggi importanti e talora fondamenta-li del territorio, che specialmente in Tosca-na vede la presenza di antiche famiglie co-me elemento di identità e per molti aspettidi salvaguardia. Informano sulle coltiva-zioni; visualizzano glie edifici padronali -la villa, il palazzo - le case dei lavoratori,gli annessi. Ma anche trasmettono, nel-l’asciuttezza di un linguaggio grafico e pit-torico pianamente comunicativo, la toc-cante bellezza di luoghi ancora lontanidalle profonde (e stravolgenti) modificheapportate dalla rivoluzione industriale. La creazione di mappe della terra (ma an-che del cielo) è attività antica quasi quan-to l’uomo. E non stupisce che essa sia fiori-ta specialmente in Toscana, dove l’approc-cio scientifico al cosmo è sempre stato inonore, e sempre si è avvalso della sapien-za grafica dei maestri del disegno. Non acaso a Firenze l’Archivio di Stato custodi-sce qual patrimonio straordinario di carto-grafia interpretativa del territorio, che so-no le raccolte di mappe dei Capitani di Par-te Guelfa. Ma per il tenore della qualità,che spesso fa dei cabrei documenti al con-

    fine con la creazioneartistica, mi piace con-siderare causa primae capostipite l’impor-tazione di modi pitto-rici fiamminghi, spe-cialmente rivolti alpaesaggio che vieneosservato e riprodottoin modo meticoloso,con infinita pazienza.Sulla metà del Cinque-cento fu GiovanniStradano - Jan van derStraat - a introdurrenell’alta narrativa perimmagini di PalazzoVecchio l’acuta descri-zione del paesaggiointorno Firenze nellascena dell’Assedionella Sala di Clemente

    San Sebastiano Aprile 2012 ArteArte

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    diCristina Acidini

    CCI CABREI: PITTORI-AGRONOMI IN MOSTRA

    Documenti cartaceiche consentono di restituire, insiemecon la misura e la forma delle tenute, il sentimentopaesaggistico dellecolture e del bosco

  • San Sebastiano Aprile 2012ArteArte

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    VII; ed egli stesso avrebbereplicato quell’approccioanalitico anni dopo, negliaffreschi della villa Il Ba-rone a Montemurlo. Au-tentici ritratti di tenute si-gnorili sono poi le dicias-sette lunette con vedutedelle Ville medicee dipin-te nel 1599-1602 per Fer-dinando I de’ Medici adArtimino da Giusto diUtens. Un altro fiammin-go, appunto: pittore abile,in grado di soddisfare uncommittente che avrà cer-to apprezzato, in quellemirabili lunette, il nitoredei prospetti architettonicie la cura nella resa deigiardini e delle coltivazio-ni, albero per albero eprato per prato. Con pro-grammatica esattezza, ipittori-agronomi dei ca-brei cercarono (e i miglio-ri vi riuscirono) di restitui-re, insieme con la misurae la forma delle tenute, ilsentimento paesaggisticodelle colture e del bosco: iverdi filari delle vigne, glioliveti grigi, le macchieselvose. Alla loro fantasiaindividuale rimase, comecampo d’espressione,una ristretta scelta di det-

    tagli: la forma e il piglio dei cartigli con lelegende, la rosa dei venti, alcuni putti par-tecipi d’una rurale, feriale mitologia.Presso l’Accademia, grazie all’iniziativa delpresidente Franco Scaramuzzi, è stata espo-sta una rassegna di cabrei originali, presta-ti dalle famiglie proprietarie, creandoun’opportunità rara e preziosa per vedereda vicino documenti che quasi mai lascianogli archivi privati dove sono custoditi.Una ritrovata vitalità di questo speciale ge-nere di immagine è dimostrata, ai nostrigiorni, dai cabrei dipinti da Paquito For-ster (che ringraziamo per le immagini quipubblicate), che sono al centro della mo-stra e del catalogo. Figlio di due artisti, For-ster riunisce in sé la competenza agrono-mica e il talento creativo, così da reinter-pretare l’antica forma di testimonianza vi-siva immettendovi elementi originali: vedu-te di borghi, interni di cantine, uccelli e frut-ti sbalzati in primo piano, senza con ciòtrascurare blasoni araldici e nobili eserci-zi calligrafici. Nella difficile ed esigentetecnica dell’acquerello Forster resuscitaantichi codici descrittivi e ne interpola dinuovi e tutti suoi, dosando il rapporto trale stesure cromatiche e il bianco della car-ta, i pieni e i vuoti, i fitti e i radi. Fatto inte-ressante, questa creazione contempora-nea risponde alla domanda di committen-ti a loro volta pienamente immersi nellacontemporaneità, che pur nella gestionedella terra e dei suoi prodotti all’insegnadelle più avanzate tecniche e tecnologie,garantiscono la continuità di antiche e illu-stri tradizioni.

    Guicciardini

    Cordero di Montezemolo

  • FERDINANDO ZANNETTI:IL MEDICO CHE SALVÒ GARIBALDI

    “... la bandiera Nazionale, la Bandiera che Dio,giusto confinatore delle Nazioni, vuole e volleche sia il vero e il solo vessillo per tutta Italia”.

    Queste le parole di Ferdinando Zannetti(1801-1881), quando, nel 1848, ebbe inconsegna la bandiera che lo avrebbe ac-compagnato sui campi di Curtatone e Mon-tanara, parole che Zannetti stesso riferiscenel Rendiconto Generale del Servizio Sani-tario dell’Armata Toscana nella Campagnadi Lombardia del 1848, a cui partecipò co-me chirurgo responsabile dell’esercito deivolontari toscani.Zannetti era nato a Monte San Savino e ave-va studiato Chirurgia e poi Medicina, a Pi-sa: si era matricolato a Firenze e qui avevapreso servizio come docente di Anatomia,diventando, tra l’altro, il medico della pre-stigiosa famiglia Martelli, il cui palazzo, invia della Forca, era molto vicino alla sua abi-tazione, in via dei Conti.Dal 1886, durante l’amministrazione Torri-giani, via della Forca venne denominata viaZannetti, in ricordo di questa frequentazio-ne e di questo rapporto.Medico, chirurgo, fortemente impegnatonell’attività didattica e politica, Zannetti par-tecipò alle guerre per l’Indipendenza: conlui, trasposero l’esperienza professionalenello scenario delle zone di guerra anche ilchirurgo Carlo Burci, il chimico Andrea Ran-zi, l’igienista Francesco Boncinelli, il medi-co Giuseppe Barellai, l’anatomico GiorgioPellizzari, uomini di scienza, accomunati dauno stesso, fortissimo amore per gli ideali disolidarietà e di patria, attivamente coinvol-ti in un progetto di costruzione democraticadella società. Era, infatti, un periodo storicoimportante per l’elaborazione di una nuo-va Medicina e di una rinnovata Sanità, masoprattutto per la costruzione dello Stato, perla formazione delle coscienze, per l’educa-zione ai principi umanitari. Contempora-neamente alla rivoluzione medico-scientifi-ca, connessa ai nomi di Rudolph Virchow e

    Claude Bernard, infatti, in quegli anni di me-tà Ottocento si disegnava anche una rivolu-zione umanitaria, ad essa profondamenteunita. Protagonisti di questo movimento fu-rono Florence Nightingale, responsabiledell’organizzazione del volontariato fem-minile con compiti di assistenza sanitarianella guerra di Crimea (1853-56), e HenryDunant, che trasse dalla battaglia di Solfe-rino, uno degli scontri più sanguinosi dellaII guerra di Indipendenza, lo stimolo da cuisarebbe scaturita la fondazione, a Ginevra,nel 1864, della Croce Rossa Internaziona-le. Questa attenzione agli aspetti umanitaridell’assistenza in tempo di conflitti, avevaun suo precedente nella legge dell’Assem-blea Nazionale francese, che regolamenta-va i diritti dei prigionieri di guerra, a cuiavrebbe dovuto essere garantita alimenta-zione sufficiente e la cura delle ferite, ma al-tre suggestioni venivano anche dalla guer-ra di secessione americana e dall’esempiodel chirurgo dell’esercito borbonico Ferdi-nando Palasciano (1815-1891), punito, nel1848, per essersi fatto portavoce della ne-cessità che i feriti di guerra fossero destina-tari di un trattamento da neutrali. Ma anche Ferdinando Zannetti fu medico aldi sopra degli schieramenti e prestò la suaopera per i connazionali e per gli avversa-ri, interpretando l’alto ideale etico di unamedicina, intesa come servizio. Sui campidi Lombardia, Zannetti organizzò gli ospe-dali, redasse le statistiche, auspicò l’uso dicarri-ambulanza, ma fu anche interlocuto-re di tutte quelle madri in apprensione, che,ignare della sorte dei loro figli, si rivolgeva-no a lui per avere notizie: e lui rispondeva aquelle lettere, che palpitavano di preoccu-pazione e di patriottismo, divise tra il tor-mento per i destini di un figlio e l’ansia per idestini della Nazione. Finita la prima guer-ra d’Indipendenza, Zannetti tornò a Firen-ze e rifiutò l’onorificenza di cui il Grandu-ca, tornato sul trono, lo aveva insignito: perquesto, fu costretto a rimanere dieci lunghi

    San Sebastiano Aprile 2012 Storia della medicinaStoria della medicina

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    diDonatellaLippi

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    San Sebastiano Aprile 2012Storia della medicinaStoria della medicina

    anni lontano dall’inse-gnamento, dalle aule diSanta Maria Nuova, daisuoi studenti. Recuperò ilsuo ruolo solo nel 1859,per poi rivestire tanti altriincarichi di prestigio, ver-so i quali mantenne sem-pre un atteggiamento dideliberato distacco. Rac-conta Giuseppe Conti inFirenze Vecchia: “I libera-li che fremevano, ma aiquali toccava a tacere,sopportarono come unatroce smacco quella del-la gran rivista fatta alletruppe austriache alle Ca-scine il 18 agosto 1849giorno natalizio dell’Im-

    peratore d’Austria. Nel mezzo del prato del-le Corse dov’ebbe luogo la rivista, fu inalza-to una specie di tempietto ove fu celebratala messa: ma come se anche il cielo ripudias-se quella funzione insultante per la nostrapatria oppressa, verso le quattro pomeridia-ne imperversò una tale bufera, che di queltempietto sfasciato e ridotto in pezzi non nerimase un briciolo. Parve una maledizione!Molti fiorentini fedeli al loro sentimento d’in-dipendenza, quando incontravano il Gran-duca non lo salutavano più; si levavano in-vece il cappello al professore FerdinandoZannetti, chimico valente, carattere integro,uomo benefico e caritatevole, perché riman-dò sdegnoso la croce di cavaliere di SantoStefano” [di San Giuseppe, nda].Anche l’in-tervento alla gamba di Garibaldi, che lo re-se famoso, non fu dettato da alcuna volon-tà di protagonismo o dalla ricerca di cele-brità, ma da quella comunanza di ideali edi sogni che lo avvicinava al Generale e chelo spinse a trascurare i rischi impliciti nel-l’operazione a un personaggio tanto famo-so, a cui guardava l’opinione pubblica ditutta Europa. Tutti i maggiori chirurghi del-l’epoca si erano succeduti, infatti, al suo ca-pezzale, nel tentativo di individuare la pal-lottola che lo aveva ferito ad Aspromonte:oltre ai medici Albanese, Basile e Ripari, chelo accompagnarono sempre, giunse Néla-ton, da Parigi, Partridge da Londra, Pirogoff

    dalla lontana Russia, e poi Bertani, Rizzoli,Prandina… Attraverso lo specillo di Néla-ton fu finalmente possibile avere la certezzadella presenza del proiettile. Lasciamo rac-contare alla sua infermiera, Jessie WhiteMario, fiorentina d’adozione, i punti salien-ti di questa vicenda: Garibaldi soltanto po-trebbe narrare le torture della ferita, e deisuoi dolori artritici. Fu martire anche dellapropria celebrità, perché i più famosi chirur-ghi vollero visitarlo e curarlo a modo pro-prio; chirurghi e medici inglesi, belgi, il fa-moso Nélaton francese, che sbraitò per tut-ta l’Europa avere proprio lui scoperta la pal-la nella ferita. Il pietoso ufficio di estrarglie-la toccò in sorte a quel valente e fior di pa-triota che fu lo Zanetti di Firenze, oltre i me-dici curanti Ripari, Basile, Albanese, che nonabbandonarono mai un solo momento il lo-ro paziente. Zanetti, sempre persuaso chela palla fosse rimasta nella ferita, la cercònella piaga per due notti consecutive, poi al-l’ora della medicazione, allargata la ferita,vi pose dentro le sue pinzette. Ai piedi delletto stavano i tre medici e un belga; Gari-baldi teneva fra i denti un fazzoletto, e mistringeva la mano. Nel momento in cui Za-netti afferrò la palla, il paziente disse: “PerDio c’é!”. Passò appena un istante e la pal-la compariva nelle pinzette del Zanetti. Aquesto personaggio, Firenze ha recente-mente dedicato una mostra, in cui sono sta-ti riuniti, per la prima volta, documenti e ci-meli che provengono dal fondo Rubieri-Zannetti della Biblioteca Moreniana di Pa-lazzo Medici Riccardi, dalla Biblioteca Bio-medica di Careggi, dalla Fondazione Spa-dolini Nuova Antologia e da collezioni eraccolte pubbliche e private, tra cui l’inedi-to ritratto di Garibaldi, opera di GerolamoInduno, l’olio su tela di Moricci Il medicoZannetti cura un ferito e Garibaldi ad Aspro-monte 1862 di Giovanni Fattori. Tra i testi,lettere di Garibaldi, manoscritti di Zannetti,libri della sua biblioteca personale, e poi lapistola di Garibaldi, strumenti chirurgici eattrezzatura da campo… uno degli ultimitributi all’anno delle celebrazioni dell’Unitàd’Italia, ma, nello stesso tempo, un forte se-gnale di speranza, nel momento in cui loStato ha ancor più bisogno, forse, della par-tecipazione pro-attiva di tutti i suoi cittadini.

    Ferdinando Zannetti fu medicoal di sopra degli schieramenti interpretando l'alto valore etico di una medicina intesa come servizio.

  • IL NUOVO ANNO GIUDIZIARIOFRA DUBBI E PERPLESSITÀ

    e inaugurazioni dell’anno 2012 av-venuto nello scorso gennaio nelle va-rie sedi italiane delle corti di Appel-

    lo sono state deludenti.Non si sottrae, quindi, a tale sensazionenegativa il discorso pronunziato dal no-stro procuratore generale BeniaminoDeidda nel nuovo palazzo di giustiziafiorentino che aveva aperto i cancelli dapochi giorni.Il “leitmotiv” ricorrente nelle Corti a pro-posito del programma riformatore dellagiustizia è che si avverta “tutto un altroclima” tra magistratura e politica.La “bagarre” suscitata giorni or sono dalvoto separato spuntato alla Camera epassato a larga maggioranza sulla re-sponsabilità civile dei magistrati è già unsintomo contrario allo spirito idilliaco dicondivisione diagnosticato dal procurato-re generale.

    Si è parlato da parte di taluni giudici eparlamentari di “anticostituzionalità”, di“mostruosità giuridica”.E’ una reazione scomposta, da non ap-provare.La normativa sulla responsabilità civiledei giudici potrà subire qualche oppor-tuno emendamento in Senato così comeannunciato dal ministro Guardasigilli. Inogni caso si imponeva una risposta dadare alla sentenza della Corte di Giusti-zia UE che imponeva all’Italia di confor-marsi alle regole comunitarie, con boc-ciatura della legge ’88 (varata sull’ondadel caso Tortora) sempre in tema di re-sponsabilità civile.Anche l’assenza degli ordini degli avvo-cati alla solenne inaugurazione è un se-gno di pesante frizione fra la categoriadei Giudici e quella degli altri operatoridi diritto. E’ una riprova che le previsio-

    San Sebastiano Aprile 2012 Legge e SocietàLegge e Società

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    diLapo Puccini

    LL

    Milioni di processiarretrati e il sovraffollamento disumano delle carceri costituisconodavvero una “mo-struosità giuridica”che non è ulterior-mente dilazionabile

  • Legge e SocietàLegge e Società

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    San Sebastiano Aprile 2012

    ni meteorologiche sulla serenità del rin-novato clima in “subiecta materia” nonsono state indovinate. Non c’è di peggioche porre un problema in termini noncorretti: il problema diventa insolubile.Ci si rende conto che gli arretrati di mi-lioni di processi da vari anni rinchiusi infascicoli giacenti nelle cancellerie dei no-stri uffici giudiziari, sia in materia pena-le che civile, il sovraffollamento disuma-no delle carceri, costituiscono davverouna “mostruosità giuridica” non ulterior-mente dilazionabile?Lo “scaricabarile” tra gli operatori dellagiustizia è infruttuoso.Non ha senso che i giudici addossino laresponsabilità di tale malagiustizia agliavvocati e viceversa. Sennonché ci sem-bra senza fondamento giuridico che i giu-dici pretendano di esercitare un’influenzadecisiva nella formazione di una leggesia pure che questa abbia per oggetto lariforma sistematica della giustizia.Prima dell’avvento del vigente governotecnocratico c’era il timore, chiaramenteribadito nei solenni discorsi inauguraliqui in oggetto, che una riforma sistema-tica o meno della giustizia, sotto l’egidadel passato governo di centrodestra, nonpotesse che avere un carattere punitivonei confronti della categoria magistrati:quindi in ogni modo da evitare. Orbene,fugato tale timore, la richiesta persisten-te di fornire una sorta di consulenza vin-colante da parte della Magistratura, nonsembra adesso in alcun modo giustifica-ta, ammesso e non concesso che lo fos-se prima.

    In senso contrario se ne sottolinea la suapalese anticostituzionalità.L’indipendenza e l’autonomia della ma-gistratura (art. 104 Cost.) non viene mi-nimamente scalfita dalla funzione legi-slativa esercitata dalle due Camere qua-lunque sia la materia in oggetto (art. 70Cost).La richiesta insistita di porre una sorta didiritto di “veto” appare alquanto insidio-sa ed è frutto di una inammissibile fusio-ne e confusione istituzionale fra poteregiudiziario e legislativo. E’ vieppiù scon-certante che tale richiesta anticostituzio-nale (quella “in casu” relativa a emenda-menti da concordare sul recente provve-dimento della Camera a proposito della“responsabilità civile della magistratu-ra”), sia accompagnata dalla minacciadi sciopero generale nel caso di manca-to accoglimento della richiesta stessa.Un errore tira l’altro. I giudici non han-no il diritto allo sciopero. Il potere giudiziario (cioè quello di ap-plicare la legge con la sentenza) è unodei tre poteri fondamentali su cui si ba-sa la forza democratica del nostro pae-se e non può essere interrotto in nessuncaso proprio da coloro che detengono ilpotere (dovere) di esercitarlo. E’ la Co-stituzione (art. 101, 2° co. Cost.) chesancisce il vincolo indissolubile dei giu-dici con la legge che sono obbligati adapplicare senza interruzioni di sorta.Iniziative di questo tipo non sono degnedi una categoria di persone scelte per lapiù elevata fra le funzioni umane: quel-la del giudizio.

  • ove sta andando l’Italia?Fra naufragi incredibili, spread in

    altalena, politici dimissionari dalleproprie responsabilità, “tecnici” a co-mando, giovani smarriti e vilipesi dalpotere, nevicate – reali e non virtuali –che seppelliscono letteralmente, sotto me-tri di coltre, almeno la metà della sua su-perficie mentre i nostri governanti sonoaffaccendati altrove, qualcuno vorrà ri-cordarsi che il futuro esiste davvero eche va preparato con assennatezza eamore alla propria terra e alla gente chela popola? Che, oltre al paese “legale”che starnazza in tv e sui giornaloni, esi-ste un paese “reale” che soffre e non hatroppo spesso più ascolto e nemmeno di-ritti politici e sociali sostanziali?Da molti anni la nozione del futuro,delle generazioni che si susseguono esi danno il cambio nella staffetta dellavita e della storia, sembra una nozionetanto elementare quanto sparita daipensieri, dalle opere e dall’immagina-rio collettivo.C’è un’unica categoria sociale che anco-ra coltiva questo “vizio” del futuro: è lafamiglia che, non a caso, è anch’essasparita dal lessico politico e dalle pro-spettive stesse della cura pubblica, comese, appunto, ogni uomo fosse un’ “iso-la” priva di riferimenti, di affetti stabili eduraturi, di sostegno e di custodia di al-cuno. E’ in fondo, la solita risposta da-ta a suo tempo da Caino all’Onnipoten-te che gli chiedeva conto di Abele: So-no forse io il guardiano di mio fratello? Si dirà, giustamente, che la chiave del-la soluzione della crisi non risiede sol-tanto in Italia, che la questione è euro-pea, e in fondo anche questo è vero edin modo sostanziale, perché l’originedella crisi italiana è la stessa che atta-naglia l’Europa. E’ cioè una crisi disenso, di significati, una crisi spirituale,di fede in Dio, nel Dio incarnato in Ge-sù Cristo, che diventa poi anche crisi

    morale, di comportamenti e di sceltesbagliate.Tutto vero, ma l’Italia nel bene e nelmale non è mai “un’espressione geo-grafica”, un’appendice insignificante egregaria della nostra civiltà, anchequando in fondo vorrebbe esserlo. Equesto è vero ancora oggi. A dispettodegli osservatori che contano, deglianalisti che riempiono le pagine deigiornali a la page, il Mediterraneo re-sta decisivo per le sorti del mondo el’Italia, se saprà riscoprire se stessa ela sua insuperabile civiltà umana e cri-stiana nelle sue architetture di fondo,non potrà che esserne un attore decisi-vo, come è sempre successo del restonella sua storia migliore, compresaquella del secondo Novecento.Ma per prima cosa occorre smaschera-re di nuovo la stupidità della vulgata li-berista che ha sempre prodotto enormidanni sotto il profilo economico e so-ciale alle nazioni e, prima ancora, sof-ferenze ed ingiustizie intollerabili ai po-poli, vittime di quella dittatura del dena-ro e di un potere assoggettato che haportato, e sta ancora generando, guer-re e sperperi incalcolabili di ricchezze edi risorse. Occorre cioè un colpo di reni, un rin-novamento spirituale che chiama in cau-sa anche la Chiesa. Che, occorre am-metterlo, è parte della crisi. Chiesa co-me comunità dei battezzati, non solo ichierici. Si è spesso smarrito il senso diuna responsabilità, non solo individua-le ma anche collettiva, dei credenti da-vanti a Dio e nella storia, si è abdicatoalle proprie responsabilità nel nome diun “accordismo” secondo il quale nonesiste una specificità dell’apporto deicredenti, e non esiste nemmeno un con-tributo particolare del pensiero cristianonell’ordinare la società umana secondocriteri di verità e di giustizia che discen-dono dalla Rivelazione. Si è persino

    San Sebastiano Aprile 2012 Fede e SocietàFede e Società

    LA BELLA ADDORMENTATA

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    diGiovannaCarocci

    DD

  • San Sebastiano Aprile 2012

    negata l’esistenza di quel pensiero, de-stituendolo della sua veridicità, della suaarchitettura intellettuale e della sua for-za morale e costruttiva. Si è relativizza-to il concetto di Verità fino ad annullar-lo, mentre anche l’idea stessa di scien-za, cioè di osservazione e di scopertadelle realtà del mondo naturale, è ba-sata sull’osservazione dei fenomeni esulla divulgazione delle scoperte com-prese le loro provvisorietà ed i loro li-miti, come patrimonio sempre accresciu-to di conoscenze. Ma se al posto del-l’onesta osservazione e di una formula-zione sempre più esatta ma non perquesto meno approssimata, si sostituiscel’ideologia che alla ricerca della verità

    vuole applicare una “camicia di forza”già confezionata, lo stesso metodoscientifico perde ogni sua efficacia co-noscitiva e ogni sua legittimità.Insomma, senza amore alla verità edonestà intellettuale e morale non è piùpossibile neppure alcuna forma di cono-scenza. Al fondo, come si vede, c’è unacrisi di fede: si ritiene, più o meno con-sapevolmente, che la Rivelazione non siacapace di agire nella storia, di aiutarlaa guarire dai suoi mali. Al fondo non sicrede più nella Verità che viene da Dio,ma questo atteggiamento impedisce an-che di guardare alla realtà e di opera-re costruttivamente al suo interno. L’at-teggiamento è quello che Benedetto XVInon si stanca di denunciare: il relativi-smo delle posizioni, per cui in certo mo-do il bene e il male finiscono per equi-valersi e, alla fine, non esistono più. Conbuona pace delle vittime.Ciascuno, soggettivamente, avendo co-me giudice unico la propria coscienza,potrebbe avventurarsi in ogni esperien-za ed in ogni orizzonte ideologico, si-curo di “ contaminarlo” per il meglio.Una posizione intellettualmente debolee praticamente fallimentare, comel’esperienza di questi anni ha ampia-mente dimostrato.Dunque, il cammino è lungo e acciden-tato ma se sapremo riconoscere la dire-zione e muovere insieme verso di essaallora le difficoltà di questi anni non sa-ranno state inutili ed anzi potremo final-mente lasciarci alle spalle molti di que-gli atteggiamenti mentali e morali che cihanno resi così passivi e bugiardi versonoi stessi prima ancora che con gli altri.E penso che tocchi alla Chiesa per pri-ma riprendere la navigazione in altomare, sostenuta dalla forza dello SpiritoSanto e dall’esempio luminoso dei suoisanti contemporanei, così numerosi an-che nella nostra Firenze; e additare con-cretamente che la via del Vangelo cre-duto e testimoniato in modo colto, sem-plice e rispettoso, ma anche coraggioso,non solo è sempre possibile ma rappre-senta il riferimento essenziale per laguarigione del mondo.

    Fede e SocietàFede e Società

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    “Esiste un paese reale che soffre eche, troppo spesso,non ha più ascolto”.

    Foto M. Bigi

  • San Sebastiano Aprile 2012 SocietàSocietà

    Il 30 ottobre 1938, durante un pro-gramma della stazione radiofonicadella CBS (Columbia Broadcasting

    System), Orson Welles, un giovane futu-ro grande attore, sta per andare in on-da con il suo programma radiofoniconella notte di Halloween. Si parla de “Laguerra dei mondi”, tratto dall’omonimoromanzo fantascientifico di H. G. Wells.Il futuro regista, come aveva program-mato, fa qualcosa di straordinario, an-nuncia, fingendo, che, a breve e nelNew Jersey, avverrà un’ invasione alie-na. Ben presto il panico si diffonde. Latrasmissione è costretta ad interromper-si. Molti si riversano per le strade in pre-da ad un’isteria collettiva convinti di unosbarco extraterrestre. E’ un famoso aneddoto significativo. Si-mile a quello raccontato dal filosofofrancese Guy Debord, autore del testo“La società dello spettacolo”, nel qualeprediceva la particolare situazione che sisarebbe creata, ad esempio, in un cine-ma nel momento in cui uno spettatoreavesse urlato, simulando, “al fuoco, alfuoco”. Tutti si sarebbero riversati versole uscite di sicurezza, ipotizzando la si-tuazione come realizzabile. Si tratta di due celebri aneddoti in gra-do di dimostrare, in largo anticipo suitempi, come in realtà il linguaggio del-l’informazione sia molto simile a quellodella fiction, rendendo il confine, adesempio, tra giornalismo e pura inven-zione non del tutto trasparente.I radioascoltatori o gli spettatori al cine-ma sono portati a credere in quanto ifatti sono verosimili perché essi guarda-no all’effetto della verità, all’effetto delreale, non tanto il reale o la verità in séstessi. Se il tipo al cinema avesse grida-to attenti ad un meteorite, probabilmen-

    te in molti lo avrebbero preso per paz-zo o per un disturbatore.Il mondo reale e la fiction, intesa comemondo possibile, verosimile, intrattengo-no un rapporto dal carattere metaforico,ma soprattutto creano una combinazio-ne in grado di mettere ordine. Scrive lasociologa Milly Buonanno: “Narrareequivale a dare ordine e senso aglieventi, disporli in sequenza temporale,metterne in luce i nessi causali, rendereintellegibili i loro significati simbolici emorali. Sotto ogni profilo […] un modoattraverso cui è dato conoscere e com-prendere meglio il mondo in cui vivia-mo. In più essa è fonte di piacere e diemozione”.Ma dove vogliamo andare a parare, sichiederà il lettore. Il fatto è che la distin-zione tra fiction e realtà diventa semprepiù complessa. La mitologia, l’archetipofino al romanzo, oppure anche le fiabehanno raccontato un mondo possibile ingrado di trasmettere valori, ideali, so-gni, obiettivi condivisi; ma l’avvento deimass-media e di quelli digitali ha espan-so enormemente il campo della fiction,tanto da sovrapporsi quasi esattamentea quello della realtà. Succede allora chein molti casi i ruoli mutino continuamen-te: la fiction che impregna la realtà, efatto sempre più nuovo la realtà che vaa determinare la fiction. In un momentopoi di crisi, come quello che stiamo vi-vendo, piuttosto che finanziare fiction te-levisive, ad esempio, è più convenienteadattare il format a quello che la realtàoffre. Basta guardare alle notizie di que-sti tempi, nel momento in cui si scrive: ilmaltempo su tutta l’Italia, i fatti tragici diCosta Crociera, lo spread indice e tem-peratura della crisi, e poi tutta quella se-rie di fatti di cronaca diventati ormai vi-

    QUANDO LA REALTÀDIVENTA FICTION

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    diRiccardoGiumelli

    CCIL DIFFICILE CONFINE FRA INFORMARE E NARRARE

  • San Sebastiano Aprile 2012SocietàSocietà

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    cende “familiari”: Avetrana, Garlasco,Perugia ecc… Siamo consapevoli che il riferimento al-le due tipologie di linguaggio non devefar dimenticare la differenza fondamen-tale tra il falsificare e il “narrativizzare”.Falsificare come atteggiamento di vera epropria alterazione del dato reale, chedetermina falsi giornalistici, mentre lanarrazione mantiene inalterata il conte-nuto dell’evento, limitandosi però a crea-re e ad agire sulle forme espositive.Prevedendo questo trend un massmedio-logo, Raymond Williams, coniò un neo-logismo “faction”, commistione tra fictione fact, con l’intenzione di superare la di-stinzione tra i due termini. Il primo co-me narrazione che possa dar vita aduna nuova realtà, mentre il secondo co-me informazione pura e/o storiografica.La fusione dà invece vita ad un generemeticcio, ibrido, un insieme di informa-zione, intrattenimento e fiction, ormai

    sempre più diffuso. E il giornalista que-sto lo sa, perché sa che gli esseri uma-ni hanno bisogno di storie, hanno biso-gno di narrazioni che accompagnanonel tempo, che scandiscano i momentidella giornata, in grado di far sospen-dere il giudizio perché, incuriositi, si hanecessità di sapere come andrà a finire.E come una “Mille e una notte” contem-poranea, viviamo nel flusso del raccon-to, con la speranza che un giorno tuttopossa andare meglio. Ma in cuor nostrodobbiamo rimanere consapevoli che tut-to questo non rende il lavoro di leggerela realtà più semplice, anzi il tutto risul-ta faticoso. Sta allora, come sempre, al-l’individuo scovare quelle fonti d’infor-mazione e d’immaginazione, migliori dialtre, in grado di rendergli il compitopiù chiaro e, perché no, più piacevole,nella speranza che i giornalisti sianosempre più preparati e responsabili del-le conseguenze delle loro azioni.

    “In un momento poi di crisi,come quello che stiamo vivendo, piuttosto che finanziare fiction televisive, ad esempio, è più conveniente adattare il format a quello che la realtà offre”.

  • San Sebastiano Aprile 2012 IntervistaIntervista

    iccardo Marasco mi accoglie nellasua casa su una delle colline chedomina la città…la sua città, quel-

    la che ha saputo sapientemente raccon-tare con le sue canzoni.Lei da oltre 40 anni è la memoria sto-rica di quella poesia musicale, pungen-te e un po’ irriverente, che, da sempre,caratterizza la nostra terra e la nostracultura. Come nasce questa sua passio-ne e come è iniziata la sua carriera? Vengo da una famiglia in cui la musicasi amava e si respirava, ma fare il can-tante di mestiere era considerato robada sognatori, da illusi. Nessuno avevacalcato le scene e non son stato certo in-coraggiato a farlo. Così, ho fatto i mieistudi classici e mi sono iscritto a ingegne-ria, anche se la passione per la musica,ma soprattutto per la voce, è sempre sta-ta fortissima. Il mio interesse era essen-

    zialmente rivolto alla canzone popolare:genere che, negli anni 60, nessuno se-guiva. Ero a Bologna come studente uni-versitario e cantavo per gli amici, quan-do una mia registrazione arrivò al mae-stro Piero Adorno. Rimase colpito dallamia voce e dal repertorio inconsueto cheproponevo. Mi organizzò i primi concer-ti: furono un successo e capii che, forse,ero fatto per cantare. Profondo conoscitore di musica ma, so-prattutto, cultore della “voce” e dellavocalità….La voce è il primo suono che sentiamo.Ancor prima di nascere è la voce dellamamma che impariamo a conoscere ead amare quando siamo nel suo grem-bo. Ci sono voci che incantano, che en-trano dentro, che sfidano l’orchestra conla loro potenza. La vocalità è quella checambia da popolo a popolo. I suoni, ilmodo di emetterli, come tarare l’organofonetico variano da regione a regione.Una ninnananna toscana va cantata intoscano perché solo così i toscani chel’ascoltano si commuovono. Arriva drittaal cuore perché ha una vocalità cono-sciuta da sempre…la voce della propriaterra, delle proprie origini.Con la sua arte ha permesso di cono-scere e riscoprire Firenze, in Italia e nelmondo, attraverso la lunga vicenda del-le parole cantate. Quanto una linguapuò essere espressione dell’identità diun popolo?A Firenze, grazie ai suoi poeti, da sem-pre, c’è il culto della lingua e della paro-la. La lingua toscana è musicale, è dolceproprio come questa terra. Ne rispecchiai paesaggi, il sole che tramonta dietro icipressi, i morbidi crinali, la natura riden-te e solare. In Toscana l’armonia dellaparlata è pari a quella delle sue vedute.Lei è ha riportato alla luce la canzonepopolare, quella delle campagne, delle

    MARASCO: COME AMARE FIRENZEE DIFENDERLA CON LA MUSICA

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    diSilviaNanni

    RR

  • San Sebastiano Aprile 2012IntervistaIntervista

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    osterie, deiborghi dal XIIIsecolo sino aigiorni nostri.Quanta ricercac’è dietro aisuoi lavori chet es t imon ianoun amore pro-fondo ma, so-prattutto, il de-siderio di di-fendere questaterra? Ho scavato escovato, riscrit-to e interpretatolaudi, ballate,inni, inqua-drandoli in uncontesto storicoe linguistico. Lamusica, comequalsiasi altra

    arte, esprime la concezione storica diun’epoca. Non dobbiamo sprecare eperdere il nostro patrimonio, la nostraricchezza è fatta di bellezza e culturapopolare che affonda le proprie radicinel Medioevo prima e nel Rinascimentopoi.Una delle sue canzoni più famose è“L’Alluvione”: un evento drammaticoper Firenze cantato con sboccata ironia.Come è nata questa canzone?Chi non è fiorentino può avere difficoltà

    a capire. Noi siamo così: contro tutto etutti…compreso il destino che, alle volte,può rivelarsi avverso. E’ il nostro mododi esorcizzare, con irriverenza, anche lepiù amare beffe della vita. Al momentodel bisogno, però, siamo pronti a rim-boccarci le maniche con grandissima di-gnità ed orgoglio. Io - forse pochi lo san-no - sono stato insieme agli Angeli delFango…abbiamo spalato e lavorato perripulire Firenze. La canzone è nata 2 an-ni più tardi….non come adesso che c’èuna spettacolarizzazione immediata deldolore e delle disgrazie, con una morbo-sità che offende le vittime e il riserbo checerti fatti meritano. Qual è la Firenze che lei ha cantato? E’quella “Bottegaia” di una sua famosacanzone? Bottega è un termine spesso usato nellasua accezione più negativa, dimentican-doci che nel Rinascimento la Bottega erala scuola più alta che si potesse frequen-tare. I grandi artisti si formavano nellebotteghe dei Maestri e qui si forgiava iltalento e la genialità. Ma anche gli arti-giani, nel loro piccolo, erano degli arti-sti: con quel sapere racchiuso nelle loromani, che abbiamo lasciato morire. LaFirenze “bottegaia” che ho voluto canta-re era quella che con le sue botteghe hacreato uno stile, un modo di essere,un’eleganza ormai perduta. Donè, Gilliche anticamente era in via Calzaiuoli coni suoi specchi, con i suoi ottoni, con i suoibanconi: sparito per lasciare posto a una

    BIOGRAFIARiccardo Marasco nasce a Firenze il 29 ottobre 1938. Fin da piccolo prendelezioni di pianoforte e chitarra. Gli anni Sessanta segnano l’inizio della suacarriera artistica divisa, fin dal principio, tra musica e teatro. Per più di 40 an-ni Marasco ha dato vita ad una forma di teatro musicale che ha saputo spa-ziare fra i più disparati generi della musica italiana: dagli antichi canti popo-lari toscani del ‘400 a quelli patriottici del periodo risorgimentale, passandoper le laudi religiose dedicate alla Vergine Maria. Appassionato conoscitore egrande interprete dell’opera di Odoardo Spadaro ne è considerato l’erede na-turale. Premiato con vari riconoscimenti a livello nazionale, vanta anche unaserie di prestigiose collaborazioni con artisti del calibro di Oreste Lionello, Do-menico Modugno e Franco Graziosi.

  • pizzeria!. La latteria di via Monalda, lavera latteria popolare, con le piastrellebianche e il latte, il burro e una pannaservita con i cialdoni: sapori, odori e co-lori che si sono perduti.Agli inizi degli anni ’70, in una lungatournèe in Australia, ha partecipato adiverse rubriche televisive e radiofoni-che. La nostra è un’ironia diretta, imme-diata, talvolta feroce e dissacrante,quanto è difficile esportare la fiorentini-tà fuori dalla Toscana e dall’Italia?Quando sono stato all’estero ho necessa-riamente giocato più sulla musica chesulla parola. La tradizione musicale, cheai fiorentini interessa meno, suscita al-l’estero una grande attenzione perché c’èmolta preparazione in materia. Quandoero in Australia ho avuto modo di vede-re l’Italia degli emigrati. Ricordo checantai “Funiculì Funiculà”: un invito a sa-lire sul Vesuvio, come una sorta di inno. Firenze e la Fiorentina: un legame in-scindibile. Una squadra di calcio che èpatrimonio affettivo ed identificativo diuna città e nel 1982 esce Alé Viola….E’ stato l’anno del quasi scudetto….finoall’ultima giornata ci abbiamo speratotutti. Mi era sembrato l’anno buono perfare un disco sulla Fiorentina, ma nonebbi il sostegno sperato da parte della

    Società di allora. Ricordo però, che,qualche anno più tardi, mi fu detto, dauna persona non fiorentina, che solo inuna città come Firenze si poteva fare undisco sulla squadra di calcio.Lei vanta anche una serie di partecipa-zioni alla Bussola di Sergio Bernardini.Cosa ricorda di quegli anni?Mi sono alternato in calendario con arti-sti del calibro di Ginger Rogers, CharlesAznavour, Ornella Vanoni, Gabriella Fer-ri, Domenico Modugno, Pino Caruso, Ti-na Turner, Anna Oxa. Io facevo la primaparte della serata, portando in scena ilmio recital, fatto di monologhi e canzoni.Come è cambiata la sua Firenze?Oggi Firenze vive un lento e inesorabiledegrado culturale. Si è deciso di abban-donare il proprio sapere, il proprio pa-trimonio di tradizioni e conoscenze. Pro-prio ora che altre culture stanno entran-do, noi non abbiamo niente da contrap-porre, da offrire. Non siamo più in gra-do di dire quali sono i nostri valori, lanostra cultura, il nostro sapere, la nostrabellezza. Il nostro passato non c’è più. Lei, con la sua musica, ha fatto tantoper Firenze. C’è ancora qualcosa chevorrebbe fare per la sua città?Vorrei fare qualcosa per Firenze, ma so-prattutto per i fiorentini. Vorrei avere più

    possibilità di esibirmia teatro, di cantarenelle piazze e nellestrade per far rivive-re la storia e le tradi-zioni di questa città.Cantare di San Fre-diano, del Ponte Vec-chio, del Viale deiColli, suonare sul-l’Arno “d’argento”,come ho fatto in pas-sato, o sotto la Log-gia dei Lanzi…pertenere sveglie le co-scienze e preservare,dal tempo e dall’in-differenza, l’amoreper questa mia terrastupenda.

    San Sebastiano Aprile 2012 IntervistaIntervista

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  • gni anno a Firenze, in occasionedella Santa Pasqua, si rinnova l’an-

    tica e suggestiva tradizione delloscoppio del carro, fra l’imponente mole diS. Maria del Fiore e il bel San Giovanni.L’usanza ci riporta alla figura del fiorenti-no Pazzino de’ Pazzi che, salendo per pri-mo sulla mura di Gerusalemme, al tempodella Prima Crociata, fu premiato da Gof-fredo di Buglione con 3 schegge del San-to Sepolcro. Rientrato a Firenze nel 1101il valoroso capitano custodì le preziose re-liquie nel palazzo di famiglia per poi con-segnarle alla Chiesa di S. Maria Sopra aPorta in Mercato Nuovo. Nel 1785 furo-no trasferite nella vicina Chiesa di SantiApostoli, dove, ancora oggi, sono custo-dite. La tradizione fiorentina della distri-buzione del fuoco sacro, secondo gli sto-rici, rievoca la consegna, da parte dei ca-valieri crociati riuniti nella Chiesa dellaResurrezione, del fuoco benedetto, simbo-lo di purificazione. A Firenze, dopo il ri-

    torno di Pazzino, ogni Sabato Santo, igiovani di tutte le famiglie usavano recar-si nella cattedrale dove, al fuoco benedet-to che ardeva, accendevano una piccolatorcia per recarsi, in processione cantan-do laudi, in ogni focolare domestico aportare la fiamma purificatrice. Quel fuo-co veniva acceso proprio con le scintillesprigionate dallo sfregamento delle treschegge di pietra del Santo Sepolcro. An-cora oggi, gli spettatori arrivano da tuttala città e da tutto il mondo per assistere al-lo spettacolo. Le finestre e i balconi inpiazza Duomo, da dove si può scorgerelo scoppio, sono gremiti e molti spettatoritrovano posto nelle tribune innalzate da-vanti al campanile di Giotto; ma i più for-tunati sono quelli che riescono a trovareposto nelle prime file ai lati della piazza.Per chi, invece, si trova all’interno dellaCattedrale, la cerimonia assume un carat-tere religioso, per la solennità del rito chesi celebra. Nel centro della piazza troneg-gia il “Brindellone”, come viene affettuo-samente chiamato dai fiorentini il carrotrainato da due coppie di candidi buoi. Amezzogiorno l’Arcivescovo, sotto la cupo-la del Brunelleschi, intona il Gloria in ex-celsis Deo, suonano le campane a festa ein quell’istante viene dato fuoco alla “co-lombina” che, scorrendo sopra un filo, at-traversa la navata centrale del Duomo econ un volo obbligato, va a comunicare ilfuoco ai razzi e alle girandole del carro.In quel momento si odono forti detonazio-ni fra l’entusiasmo della gente. E’ un trion-fo di luci, di colori e di riflessi. Il Carro hasubito, nel tempo, modificazioni e l’attua-le forma risale al 1765. Esso ha forma pi-ramidale tronca, mentre l’impiego dei fuo-chi artificiali sembra sia iniziato nel Cin-quecento. Questa popolare manifestazio-ne fiorentina, che si rinnova ogni anno, èuna singolare attrattiva alla quale fioren-tini e turisti non son disposti a rinunciare.

    San Sebastiano Aprile 2012TradizioniTradizioni

    IL VOLO DELLA COLOMBINAE LO SCOPPIO DEL CARRO

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    OOdiForestoNiccolai

    Foto Silvia Ristori

  • DON GIULIO FACIBENI:CONTEMPORANEO IN OGNI TEMPO

    San Sebastiano Aprile 2012 PersonaggiPersonaggi

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    L’autore di questo articolo ha scelto di usare unopseudonimo - Lifani - perché, con forse eccessi-va modestia, non si considera uno scrittore. E’ un“ex ragazzo” che ha avuto il “privilegio” di vive-re per 5 anni nell’Opera di Don Facibeni.

    on Giulio Facibeni manifesta in ognitempo della sua missione sacerdota-le impostazioni innovative che ne fan-

    no un anticipatore di scelte e aggiornamen-to di valori che lo rendono un contempora-neo ancora oggi, a distanza di 54 anni dal-la sua morte, e credo per un lungo futuro.Molti fatti lo testimoniano. Giovane sacerdote, impegnato come aiutoalla parrocchia di S. Maria al Pignone e in-segnante di ginnasio presso le scuole Pie Fio-rentine, nel 1907 fonda il Circolo degli stu-denti cattolici “Italia Nova”che rifacendosiagli ideali del Risorgimento intende instilla-re e saldare nei giovani sentimenti di patriae religione insieme. In una Chiesa e un cle-ro pre-Concordato pervasi di sentimenti av-

    versi all’unità d’Italia, questo giovane preteanimato da sentimenti di un’Italia unita e ri-conciliata con la Chiesa, farà rumore e avràun richiamo ufficiale dalla Curia, che saràconfutato da uno Scolopio illustre, PadreGiovannozzi, che di lui descriverà la fortefibra di Fede, lo spessore culturale, lo spiri-to di obbedienza. Consapevole che la cul-tura è uno strumento di promozione umanae spirituale, già nel 1912 fonda nella suaParrocchia di Rifredi, Scuole serali per glioperai e i poveri. Appena iniziata la Gran-de Guerra, crea un primo Asilo in Parroc-chia, gratuito, per i figli dei richiamati, peraiutare le famiglie prive di ogni sostegno. Per stare vicino ai suoi giovani di “Italia No-va”, richiamato, va sul Grappa come Cap-pellano di Sanità. Sarà un’esperienza terri-bile, che lo segnerà profondamente e faràemergere in lui un sacerdozio senza frontie-re, che lo vedrà carponi tra le trincee incu-rante del fuoco incrociato dei due fronti, aportare assistenza e conforti religiosi agli

    DD

    “PADRE NON ABBANDONI I MIEI FIGLI”Don Giulio Facibeni, nasce il 29 Luglio del 1884 a Galeata. Entra nel Seminario di Faenza nel 1899 e ne esce nel 1904,per trasferirsi a Firenze presso gli Scolopi a terminare il seminario e l’università. Gli Scolopi padre Giovannozzi, PadreAlfani, Padre Pistelli, capiscono ben presto chi hanno davanti e lo introducono e sostengono nei suoi primi passi nellescuole Pie e presso le parrocchie. Nel 1916 va sul Grappa dove maturerà la decisione di una casa per gli orfani dei suoisoldati che morendo tra le sue braccia gli raccomandano “Padre non abbandoni i miei figli”. Al suo ritorno a Firenze ilCardinale Mistrangelo gli affida la Parrocchia di Rifredi, un quartiere in quel tempo il più difficile perchè luogo di tra-formazioni epocali dalla campagna alle fabbriche. Nel 1923 fonda l’Opera della Divina Provvidenza Madonnina delGrappa che lui vorrà con caratteri di famiglia e che in 40 anni assiste circa 8000 ragazzi. Don Facibeni muore il 2 Giu-gno 1958, e le sue esequie furono un’apoteosi mai vista prima, il giorno del funerale furono calcolate dagli organi disicurezza circa 150/200.000, e Firenze lo salutò come uno dei grandi della sua grande Storia: i Palazzi pubblici conle bandiere a lutto, l’orchestra del Maggio Musicale in Duomo, presente l’intera chiesa fiorentina, il centro storico con lesaracinesche dei negozi abbassate, un aereo con il lancio dei fiori, il presentat’ arm di un battaglione di soldati schie-rati davanti al duomo, la presenza del Presidente del Consiglio e le Autorità e Confaloni, che era presente quel giorno,non lo dimenticherà più. L’Opera oggi sotto la guida di Don Corso e dei sacerdoti prosegue il suo cammino, con casefamiglia, e missioni in Albania e Brasile, ma c’è anche l’obiettivo di ampliare la presenza A Firenze. Nei mesi scorsi èstata decisa dal Cardinale e i sacerdoti dell’Opera la traslazione di Don Facibeni dal cimitero di Rifredi alla sua ChiesaParrocchiale di Rifredi, già sollecitata dalla Postulazione di Roma, ed è in corso il Processo di Beatificazione, con la Po-sitio presentata, scritta magistralmente dal biografo ufficiale Don Silvano Nistri. Una guarigione con caratteri straordi-nari di miracolo è all’esame della Postulazione, anche se tutta la vita di Don Facibeni è cosparsa di fatti straordinari.

  • PersonaggiPersonaggi

    - 1919 -

    San Sebastiano Aprile 2012

    italiani, e in alcune situazioni anche agli au-striaci. Avrà per questo la medaglia d’ar-gento al valor militare e una Menzione delGoverno austriaco. Un segno di Don Faci-beni, che anticipa di 40 anni l’Europa deipopoli, senza odi e frontiere.La famiglia, suo carisma, merita un cenno aparte. In un periodo storico come l’attualeche da anni vede la gente recuperare i va-lori della famiglia, diventa attuale il messag-gio di Don Facibeni che 80 anni prima neriafferma la centralità organizzando, luiParroco di anime, una comunità familiare dipiccoli orfani di guerra, in seguito estesa agliorfani civili, che non ha niente del collegioperchè improntata di riferimenti quali, Dio,libertà, aperture, ritmi, libri, obiettivi, scuo-le esterne, conferenze, pratiche religiosenelle festività, tipici di una tradizionale fami-glia cristiana. Sulla scuola, Don Facibeni im-pone ai primi ragazzi, siamo nel 1923, l’ob-bligo della scuola, in seguito da lui esteso al-la Licenza di scuola Media o di Avviamentoal lavoro, lasciandoli liberi di scegliere unCorso Professionale e per i più motivati leScuole Superiori, fino alla all’Università.Questo,con 20 anni di anticipo sulla Leggedella Scuola dell’obbligo. Nel 2000, il Ve-scovo di Viterbo, mons. Tagliaferri, dichia-ra pubblicamente che Don Facibeni ha an-

    ticipato la scelta pastorale di tutta la Chiesaitaliana. Nel 2008, prima della partenza daFirenze, il card. Antonelli in una sua bellis-sima Lettera al clero Diocesano, cita Don Fa-cibeni come un innovatore della Pastoraledella Chiesa. Infine il suo rapporto con La Pi-ra, che ebbe intrecci così significativi da me-ritare un cenno a parte. La Pira ebbe conDon Facibeni un rapporto che sconfinavanella venerazione perchè capì subito la com-plessità culturale e spirituale del personag-gio e del suo disegno sociale intriso di spiri-tualità: “la costruzione dell’uomo intero, in-corporandolo nella storia di un popolo, dan-dogli la famiglia, la scuola, l’officina, la chie-sa” (La Pira). Frequentando l’Opera, La Pi-ra vide in Don Facibeni un anticipatore e at-tuatore dei principi della assistenza alla fa-miglia, dei diritti inalienabili dell’infanzia, edei diritti dei giovani alla formazione cultu-rale e professionale. Questi valori troveran-no in La Pira quel fermento di riflessioni chelo porteranno come membro Costituente abattersi e imporli nella Carta Costituziona-le. Questo ha fatto scrivere: “nel paragrafosui Diritti della Persona, la Costituzione Ita-liana è intessuta dai fili d’oro della carità diDon Giulio Facibeni” (Conticelli). Infine Fa-cibeni, fisiologicamente estraneo alla politi-ca di ogni parte, avendo a riferimento uni-co Dio e la sua Provvidenza, entra nel futu-ro sociale e civile di Firenze con un interven-to inconsueto in lui: nel 1950, dopo un nodefinitivo di La Pira al coordinatore regio-nale Renato Branzi che lo assillava da tem-po di candidarsi a Sindaco di Firenze (“iosono soltanto un professore universitario”)una domenica Carlo Zaccaro e RenatoBranzi convinsero e accompagnarono DonFacibeni alla chiesa della Badia per persua-dere La Pira, era da poco terminata la Mes-sa, La Pira non informato della visita guar-dò meravigliato i tre, Don Facibeni guardòintensamente per alcuni secondi La Pira, poi,senza dire una parola si girò e se ne andòcaracollante sostenuto dai due accompa-gnatori, intimiditi dal muto dialogo tra i due.Qualche ora dopo La Pira chiamò al telefo-no Branzi e gli disse conciso: ho capito,vabene, accetto (da diretta testimonianza ver-bale di Don Carlo Zaccaro). La Pira Sinda-co porta un segno di Don Facibeni.

  • San Sebastiano Aprile 2012 Storia e FedeStoria e Fede

    orse nessuna profonda delusione, su-scitata dall’esperienza amara del“dominio delle tenebre” in una fase

    cruciale della storia, può essere parago-nata a quella sofferta dai seguaci del per-sonaggio più mite e più giusto, condan-nato a morire in croce, il supplizio crude-le degli schiavi e dei delinquenti disprez-zati da tutti. Tale avvenimento così inglo-rioso e inimmaginabile viene vissuto, sulmomento, come il tradimento delle attesepiù brillanti, come il fallimento completoper il terrore di aver sbagliato tutto, da-vanti a vincitori potenti e spavaldi che ir-ridono beffardi (ieri come oggi). Unasconfitta bruciante. Certo i discepoli ave-vano sentito lo stesso Cristo parlare dellesue sofferenze prossime e addirittura del-la sua morte. Ma non avevano compresoquasi nulla. Non intendevano prestarci at-tenzione, perché la sola ipotesi che il Mes-sia, re “glorioso” e potente, dovesse “sof-frire”, appariva intollerabile. L’interroga-tivo umano antico rimaneva lo stesso: per-ché soffrire? Nessuno avrebbe dovuto pa-tire. Tanto meno il Messia. Che senso da-re al suo dolore? Per lui si attendeva glo-ria, vittoria e trionfo. Questa idea risulta-va così radicata nell’opinione comune chealcuni seguaci del Cristo aspiravano ad-dirittura alla conquista dei primi posti edegli incarichi più prestigiosi. E questo fi-no ai giorni precedenti gli ultimi fattidrammatici.

    L’evento storico e la dimensione trascendente

    La conclusione infamante della vicendatragica del promotore del cristianesimorappresentava, sul piano della storia, l’esi-to più scandaloso e istintivamente respin-gente, da cancellare prontamente come in-degno di memoria e di persistenza possi-bile nel tempo, anche se il protagonista ri-sultava, nella realtà, l’essere umano piùbuono e più onesto. Vedere il Messia, non

    “innalzato sul trono di Davide”, bensì ap-peso a una croce, risultò uno shock para-lizzante. Di qui l’imbarazzo e l’impulso al-la fuga di molti seguaci, il desiderio del ri-torno alla vita privata e ordinaria di prima.Chi avrebbe osato, infatti, in quel contestostorico e psicologico così disarmante an-nunciare come salvatore e “risorto daimorti” uno spregevole crocifisso? Chi po-teva concepire o “inventare” un simile di-segno in quella situazione ricolma di mi-nacce e di pericoli mortali, senza alcun mi-nimo vantaggio personale? Potevano ardi-re tale proposito dei seguaci popolani pri-vi di istruzione e terrorizzati dalla furia pu-nitiva dei potenti vincitori, se non fosserostati come costretti alla testimonianza au-dace da esperienze sovrumane e indipen-denti dalla loro volontà, quali divennero leapparizioni sconcertanti del Risorto? Lagente, i rappresentanti religiosi e i domi-natori dell’ordine costituito che avevanocondannato come agitatore quel profetaGalileo, uno dei tanti in un’epoca così tur-binosa, erano stati presenti personalmen-te alla sua fine vergognosa sulla croce. Sto-ricamente si poteva mostrare che quellostrano personaggio dall’insegnamento edallo stile di vita certo unici e indisponen-ti, di fatto, però aveva concluso la propriaesistenza sulla croce, abbandonato, per ilpubblico, anche da Dio. Proprio come “fi-glio dell’uomo” esemplare, immagine diogni emarginazione e di esclusione, mo-dello umano universale di sofferenza inno-cente e di morte nella solitudine. Perché ta-le è l’esperienza ultima di dolore e di an-goscia che tocca a ogni vivente con la mor-te. Di questo epilogo ripugnante era statospettatore il popolo, mentre la “resurrezio-ne” dai morti del Maestro, di cui andava-no parlando alcune donne (allora di nes-sun credito) e pochi seguaci, era avvenutain segreto, nel mistero e nel silenzio dellanotte, senza alcun testimone oculare diret-

    LO SCANDALO DEL CRISTIANESIMO:UN CROCIFISSO COME SIMBOLO

    - 2020 -

    diEnzoGiorgi

    FF

  • to. Un simile evento, incredibile e impropo-nibile in sé, non si era verificato, come lamorte sulla croce, davanti a tutto il popo-lo, in modo tale da cambiare clamorosa-mente le cose, provocando una riscossagloriosa e, magari, vendicativa, secondola logica umana. Al contrario, le appari-zioni del Risorto divennero un’esperienzavissuta soltanto da pochi seguaci e all’ini-zio, in particolare, da donne. A giudiziodel mondo e degli avversari, quel profetaitinerante così scomodo e strano, definitoin vita “pazzo” e “indemoniato”, restòmorto. In effetti, che un crocifisso, per di piùebreo, fosse “risorto” dai morti, all’opinio-ne comune e alla mentalità raffinata e col-

    ta dell’epo-ca (e di og-gi) sembra-va un’auten-tica “stoltez-za” (1Cor 1,18 e 23).Come erapossibile, in-fatti, chel ’Onn ipo -tente si rive-lasse “ inmodo spe-ciale” pro-prio nel san-gue e nellamorte igno-miniosa diun crocifis-so? Come sipoteva dareun senso ad-dirittura “re-dentore” al

    dolore di chi, pur innocente, risultava cosìamaramente sconfitto, maledetto e pubbli-camente deriso? Ebbene, proprio in que-sta vicenda storica si radica il paradosso el’originalità dell’annuncio cristiano sullanuova immagine di Dio. Con il CrocifissoRisorto tramonta ogni rappresentazionepagana e inadeguata della “divinità”, frut-to del solo sforzo umano. Nel Crocifisso sirivela non una divinità spettacolarmentepotente e gloriosa, arrogante e capriccio-

    sa, bensì un Dio umile e mite, che soffre conle sue creature perché le ama. Per questo ilCristo non scese dalla croce. Eppure pote-va scendere dall’atroce patibolo. Anzi,avrebbe potuto scansare facilmente la cro-ce. Bastava che dicesse una sola parolacompiacente e adulatoria per asseconda-re quel potere politico e religioso. E avreb-be salvato se stesso. Invece rimase sullacroce. Non per amore della sofferenza insé, il cui pensiero gli aveva fatto sudaresangue. Ma per testimoniare con coraggioe fedeltà quelle verità e quei valori umanivalidi in quanto tali, che soli si mostrano co-me il segno universale più sicuro della pre-senza divina nel mondo: la fame e la setedi giustizia, la sincerità, l’onestà, l’aiuto re-ciproco, “l’essere per gli altri”, la condivi-sione, l’autenticità della vita contro la men-zogna e l’ipocrisia.

    La resurrezione come inizio di un mondo nuovo

    e di una vita autenticaEcco perché la resurrezione del Cristorappresenta il culmine dell’autorivelazio-ne di Dio nella storia, la convalida defini-tiva di uno stile di vita e di un orientamen-to concreto per l’umanità. Il dolore, la ma-lattia, l’ingiustizia e la morte rimangonoesperienze connesse con la transitorietà el’incompiutezza di questo mondo in dive-nire, ma non rappresentano più l’ultimaparola, non costituiscono più un destinoinsensato immodificabile ed eterno. La vi-ta di tutti, soprattutto quella di quanti su-biscono ingiustizie atroci e sofferenze im-motivate, nella prospettiva del CrocifissoRisorto non si conclude nel disfacimentodella morte e nel nulla. Al concetto paga-no antico e moderno della divinità-fatoidentificata con i ritmi capricciosi, imper-sonali e immutabili di una natura sentitacome indifferente alla vita degli individui,subentra, con l’annuncio del Crocifisso Ri-sorto, la scoperta di una divinità davverosconosciuta e diversa. Nessuna ragione oimmaginazione umana poteva rappre-sentarsi un Dio che sceglie, per amore, diidentificarsi nella croce di Cristo e, quin-di, di essere presente in chiunque nel mon-do soffre l’ingiustizia di ogni genere, l’in-digenza, la malattia e l’esclusione.

    San Sebastiano Aprile 2012Storia e FedeStoria e Fede

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    “Nel Crocifisso si rivela non unadivinità spettacolarmentepotente e gloriosa,arrogante e capricciosa, bensìun Dio umile e mite, che soffrecon le sue creatureperché le ama”.

  • e ben utilizzata sarà determinanteper il sostentamento e il progresso

    dell’umanità. Ma se verrà lasciatain mano a pochi, e magari senza scru-poli, i suoi effetti potrebbero anche es-sere devastanti...”La chimica viene molto spesso demoniz-zata. Viene accusata, infatti, di inquina-re l’ambiente, di avvelenarci, di esserecancerogena. In alcuni casi è veramentecosì, ma questo non dipende tanto dallasua essenza (anche se a volte sì...) quan-to dall’uso che ne viene fatto e dall’indi-scriminato smaltimento dei prodotti rea-lizzati e degli scarti dei processi di fab-bricazione.«Io non posso essere contrario alla chi-

    mica tout court – ha affermato recente-mente l’oncologo UUmberto Veronesi inoccasione di un convegno organizzatoda Federchimica (associazione dei pro-duttori di prodotti chimici) – perché do-vrei considerare pericoloso il nostro stes-so organismo. Questo infatti è il più com-plesso e articolato laboratorio chimico,grazie al quale la nostra vita è possibi-le...».Anche se non ne se siamo pienamenteconsapevoli, la chimica si è prepotente-mente insinuata nella nostra esistenza.Moltissimi degli oggetti della vita di ognigiorno sono stati realizzati proprio gra-zie alla chimica e spesso, senza di essici sentiremo persi. Sto parlando di tuttigli oggetti in plastica (e simili), dei vesti-ti sintetici, delle vernici e dei coloranti, dimateriali vari per l’edilizia, e via dicen-do. Anche moltissimi alimenti sono fruttodella chimica; pane e vino, tanto per ci-tare due alimenti fondamentali, vengonoprodotti proprio grazie a reazioni chimi-che. Rispettivamente: lievitazione e fer-mentazione.Per una cercare di riportare una corret-ta visione sulla chimica da parte dell’opi-nione pubblica internazionale, il 2011 èstato dichiarato Anno Internazionale del-la Chimica. Lo ha proclamato l’Onu af-fidando la responsabilità dell’evento al-l’Unesco, l’Organizzazione delle Nazio-ni Unite per l’Educazione, la Scienza ela Cultura, e a Iupac, l’Unione Interna-zionale della Chimica Pura e Applicata.L’Anno 2011, celebrativo delle conquistedella chimica e del suo contributo al be-nessere dell’umanità, rappresenta unodegli appuntamenti che le Nazioni Unitehanno creato nell’ambito del decenniodedicato all’educazione allo sviluppo so-stenibile (2005-2014). Le attività nazionali e internazionali chesi sono svolte nel 2011 sono state incen-

    San Sebastiano Aprile 2012 ScienzaScienza

    LA CHIMICA CI SALVERÀ(O CI RENDERÀ SCHIAVI)

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    diAlessandroMaresca

    La produzione agricola è semprepiù minacciata dai cambiamenticlimatici e dallascarsità dell'acqua.

    SS“

  • trate sull’importanza della chimica nellapreservazione delle risorse naturali. D’al-tra parte la chimica è fondamentale perla nostra comprensione del mondo e del-l’universo. Le trasformazioni molecolari sono essen-ziali alla produzione di cibo, medicine,carburante, e innumerevoli manufatti eprodotti. Il 2011 è stato un’occasione peril mondo per celebrare l’arte e la scien-za chimica e il suo contributo fondamen-

    tale alla conoscenza, alla tutela dell’am-biente e allo sviluppo economico. È chia-ro però, possiamo aggiungere, che gliscienziati non perdano mai il controllodella situazione, facendoci prendere lamano in ricerche azzardate, per evitareche la chimica, da alleato vitale si tra-sformi in un insidioso nemico...Anche la soluzione al problema della fa-me nel mondo è strettamente legato al-l’impiego di prodotti chimici, in partico-lare antiparassitari e fertilizzanti: i dan-ni causati dai parassiti e la scarsa ferti-lità dei terreni limitano infatti le produ-zioni e quindi la disponibilità di alimen-ti. L’equazione quindi sembrerebbe chia-ra e lineare: più chimica, più alimentiper sfamare la popolazione mondiale(che secondo gli esperti nello scorso me-se di ottobre avrebbe raggiunto i 7 mi-liardi!). Ma non è proprio così. Infatti se

    è vero che la chimica può essere deter-minante per sconfiggere la fame nelmondo è anche vero che le strade alter-native sono state scarsamente persegui-te. Ci riferiamo a più accurati studi sullafisiologia della piana che permettano diindividuare nuove e più efficaci tecnicheagronomiche, alla lotta agli sprechi lun-go tutta la filiera che va dal campo allatavola, moralizzazione del mercato (pertenere i prezzi elevati si tengono terre ariposo o, peggio ancora si distruggono iraccolti), solo per citarne alcune... D’al-tra parte la chimica, se da una parte puòfornire un grosso slancio al progressodell’umanità, dall’altra mette nelle manidi chi detiene i prodotti e le molecolegiuste un grandissimo potere, in grado diinfluenzare anche le scelte politiche.«La sfida più complessa – ha dichiaratorecentemente AAndrea Barella, presiden-te di Agrofarma, Associazione naziona-le imprese agrofarmaci che fa capo aFederchimica – per fare fronte alla cre-scente domanda alimentare, riguardacertamente l’aumento della produzionealimentare e il ruolo che la chimica riu-scirà a svolgere nello sviluppo di un’agri-coltura sempre più innovativa e allo stes-so tempo sostenibile. La domanda di ge-neri alimentari su scala globale è desti-nata ad aumentare del 70% entro il2050 e la produzione agricola è semprepiù minacciata dai cambiamenti climati-ci, dalla scarsità di acqua e di terrenicoltivabili. Il diritto al cibo non è più co-sì assicurato come in passato. Solo conl’innovazione, anche chimica, sarà pos-sibile vincere queste sfide globali cosìcomplesse». È proprio l’innovazione («anche chimi-ca», come suggerisce Barella sostenendoil settore che rappresenta), dunque, lachiave di volta per assicurarci un futurodignitoso. E non si può fare a meno del-la chimica, almeno che la si applichi inmodo tale da garantire una vita dignito-si a tutti gli esseri viventi del pianeta enon succeda, come spesso accade quan-do si ha a che fare con “armi” molto po-tenti, che pochi si arricchiscono, sotto-mettendo tutti gli altri...

    San Sebastiano Aprile 2012ScienzaScienza

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    La chimica può fornire un grandeslancio al progressodell'umanità, ma si rischia di concentrare nelle mani di pochiun grande potere.

  • VITA SOCIALESAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Così abbiamo festeggiatoil nostro Santo Patrono

    Il 20 gennaio la Misericordia festeggia San Sebastiano,patrono del Sodalizio. Il giovane militare che nel 270andò incontro al martirio per aver prestato aiuto aiCristiani perseguitati dall’Imperatore. Miracolosamentevivo, nonostante le numerose frecce che avevano trafittoil suo corpo, invece che lasciare Roma, proclamò la suafede accusando pubblicamente Diocleziano delle perse-cuzioni. Flagellato a morte, il suo corpo fu gettato nellacloaca massima in modo che nessuno potesse recupera-lo. La tradizione vuole che il Santo, apparendo in sognoalla matrona Licinia, indicasse il luogo in cui era appro-dato il corpo e le ordinasse di seppellirlo nelle catacom-be lungo la via Appia. Nell’Oratorio di piazza Duomo alle ore 09.00,Monsignor Betori ha officiato la S. Messa prelatizia, allapresenza delle autorità cittadine. Così si è espresso il Vescovo nella sua Omelia: “Il gesto del-la carità porta con sé naturalmente un sacrificio che, se non èquello supremo del martirio, non è comunque privo di sofferen-ze. Meglio soffrire operando il bene, che facendo il male. Unacerta sofferenza è chiesta oggi a tutto il Movimento delle Mise-ricordie, per ritrovare quella unità senza la quale sarebbe com-promessa la credibilità della sua testimonianza. Esorto tutti adassumere, ciascuno per la sua parte, il proprio frammento di Sa-crificio pur di non compro-mettere un meritorio cammi-no di riavvicinamento per ilquale esprimo gratitudine aquanti lo hanno favorito, Id-dio ve ne renda Merito. Solose sapremo ritrovarci nellaComunione e nell’Unità sa-remo degni del Padre Celesteche, come ha ricordato la pa-gina evangelica, si prende cu-ra di ciascuno di noi e ci chia-ma al riconoscimento di Cri-sto che vogliamo testimonia-re nella Carità. Senza laComunione, questa testimo-nianza è irrimediabilmenteoffuscata. Per non essere rin-negati dal Signore, dobbiamonon rinnegarci tra di noi.Chiediamo al Signore che cidia il dono della Carità”.

    Anche il sindaco Matteo Renzi è voluto intervenire, altermine della funzione, per stigmatizzare il profondo le-game che, da secoli, lega, in una sorta di abbraccio, Firen-ze e la Misericordia: una città orgogliosa ma prodiga e laprima Associazione di volontariato al mondo perfettosimbolo della generosità e della solidarietà di un popolo.Nella ricorrenza di San Sebastiano la Misericordia donaagli Ascritti e ai fiorentini i panellini benedetti, in segnodi solidarietà e carità. La tradizione risale al 1581 quan-do furono stanziati fondi per “picce 150 di panellini” aSimone fornaio del campanile. Fin dalle prime ore delmattino, centinaia di fiorentini si sono recati nella sededi piazza Duomo per ricevere i panini, in osservanza diun rito e di una tradizione fortemente radicati in città.Grazie al lavoro di dipendenti e volontari il pane bene-detto è stato portato anche a scuole, ospedali, uffici ericoveri. In serata, al termine dell’abituale conviviale chechiude la giornata di festeggiamenti, nella Residenza IlBobolino, è stato consegnato il premio San Sebastiano alDirettore del periodico San Sebastiano Dr. MaurizioNaldini. Il premio, giunto alla sua seconda edizione,viene conferito a chi, nell’anno appena trascorso, con lasua attività ha saputo meglio cogliere lo spirito dellaMisericordia e diffonderne la missione.

    Foto M. Bigi

  • VITA SOCIALE SAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Anche quest’anno numerose le autorità politiche, militari e religiose presenti alla S. Messa: il Prefetto Paolo Pa-doin, il Sindaco Matteo Renzi, Roberto Catarsi e Vieri Alessandro del Comandando Provinciale Vigili del Fuo-co, Marco Carraresi Capogruppo UDC Regione Toscana, Marcello Mazzucca Comandante Scuola Marescialli,Antonella Manzione Polizia Municipale, Dr.ssa Rosaria Gallucci Questura di Firenze, Generale Giovanni Petro-sino Istituto Geografico Militare, Generale Gaetano Mastropiero Guardia di Finanza, Lucia De Siervo Direttorecultura, promozione economica, turismo e sport Comune di Firenze, Alberto Corsinovi Presidente Confedera-zione Toscana delle Misericordie, Philippe Daverio critico d’arte e conduttore televisivo, Ivan Theimer scultore.

    S.N.

    IL DISCORSO DEL PROVVEDITORENoi Misericordie siamo un punto di riferimento e per essere tali dobbiamo essere credibili. Per essere credibili dobbia-mo mettere da parte una volta per tutte personalismi e divisioni. Dove c’è divisione non c’è pace e là dove c’è di-visione non c’è Amore. Voglio ricordare che Giovanni Paolo II affidò a noi un incarico molto importante:”Siate fau-tori della civiltà dell’Amore”. Quindi dobbiamo cogliere questo particolare momento. Il 2011 è stato un anno diffi-cile, ma per le Misericordie credo sia stato un anno importantissimo. Abbiamo iniziato un percorso importante e spe-ro che possa arrivare presto una riunificazione di tutto il Movimento. Noi siamo pronti. Abbiamo già preso le nostredecisioni, e quindi possiamo agire in questo senso. Aspettiamo con ansia e auspichiamo che tutto vada per il meglionella prossima Assemblea delle Misericordie che si terrà l’11 Febbraio*. Una data importante per le Misericordie, maanche il giorno in cui ricorre la prima apparizione della Madonna di Lourdes. E allora io affido alla Madonna diLourdes questo momento cruciale, che ci benedica, che ci sostenga e che ci aiuti a voltare pagina. Il mio augurio è cheil 2012 sia l’anno che possa vedere riunito questo Movimento che tanto dà agli ultimi, ai bisognosi e che in 8 se-coli ha dimostrato tutto il bene possibile.* L’assemblea è stata rinviata a causa dell’emergenza neve che ha bloccato i partecipanti provenienti dafuori Firenze (n.d.r.)

    Foto M. Bigi

  • VITA SOCIALESAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Una giornata piena di eventi e molto impor-tante per il volontariato fiorentino. La Vestizio-ne, che ha visto uniti in un’unica cerimonia iFratelli della Misericordia di Firenze e i Fratel-li della Misericordia di San Pietro Martire, è ilprimo passo verso una futura collaborazione. IlProvveditore Andrea Ceccherini e il Presiden-te Vieri Griffanti hanno infatti siglato un accor-do fra le due Confraternite che apre ad unanuova fase di integrazione operativa di cui Fi-renze e i fiorentini potranno beneficiare. Dopola Vestizione dei nuovi Fratelli, sono state bene-dette 11 biciclette elettriche donate alla Mise-ricordia dalla Banca di Credito Cooperativo diCambiano. I mezzi sono stati dislocati fra la Se-de e le Sezioni e consentono ai Fratelli di cir-colare liberamente per il centro cittadino sia perlo svolgimento dei servizi, ma anche, previa pre-notazione, per commissioni personali.

    La Vestizione del 4 dicembre 2011

    Miser icordia di Firenze: Andreani Alessandro, Barone Valeria, Bruni Anna, Cugliandro Amelia, Dussias Vitto-ria Carolina, Espinoza Mercedes Nelly Erhuay, Mannucci Loris, Meini Chiara, Mignone Giovanni, Moccia Lu-cia, Monti Riccardo, Parcesepe Sebastiano, Pescio Matteo, Petruzzi Bianca Maria, PoliArmando, Ranieri Moni-ca, Romagnoli Lorenzo, Romei Rossano, Zannini Gaetano. San Pietro Martire: Andreoni Cosimo, Barontini Lavinia, Bianchi Simona, Bortone Elena, Bruni Franco, Ca-pra manuel, Cito Laura, Grazzini Cristina, Guidi Pietro, Kalala Philip, Landini Chiara, Mancini Maito, MarigoEmiliano, Mazzella Elena, Messina Salvatore, Musumeci Franco, Petroni Ferruccio, Pratesi Martina, Regni Da-niele, Salucci Giulia, Santelli Nadia, Tortù Virginia.

  • VITA SOCIALE SAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Ecco come è cambiata la nostra facciata durante le FestivitàIn occasione delle festività natalizie la Misericordia ha deciso di impreziosire la facciata della propria sede.Quest’anno, per augurare Buon Natale ai fiorentini e ai tanti turisti che affollano il centro storico, ha scelto l’imma-

    gine della splendida Nativitàdi Gerrit Van Honthorst, ilcui originale si trova nellaGalleria degli Uffizi. Anchequest’anno una bellissimastatua è stata collocata, sabato17 dicembre, sul sagratodavanti all’Oratorio. L’operaè dello scultore moravo IvanTheimer, residente a Parigi,ma che trascorre lunghiperiodi di tempo aPietrasanta, dove si trovano laFonderia d’Arte di MassimoDel Chiaro e i vari artigianilocali con cui collabora. Lastatua raffigura il mito diArione: il giovane cantoretratto in salvo da un delfinorimasto ammaliato dal cantoe dal suono della sua lira.

    La benedizione delle biciclette elettricheLa benedizione delle biciclette elettriche

  • VITA SOCIALESAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Il 17 dicembre è stata collocata, sul nostro sagrato, unastatua raffigurante il mito di Arione, opera dello sculto-re moravo Ivan Theimer.Elementi come aria-acqua-terra-fuoco entrano per viediverse nell’Arione che Ivan Theimer propone in co-municazione con San Sebastiano, che dell’Arciconfra-ternita della Misericordia di Firenze è il santo patro-no. Un santo, emblema di resistenza attraverso la fedenon scalfita da frecce mortifere, neppure quelle di unattentato alla comunità senegalese, a cui Theimer havoluto indirizzare la sua solidarietà con un intenso di-segno realizzato per quest’occasione, s’incontra con uncitaredo estratto dal mondo del mito. Opere d’arte edi misericordia indirizzano l’incontro: mani che s’in-trecciano per un’ascesa co-mune. Se il palo del marti-rio del santo si trasforma inverticale espansione di luce,anche il delfino gentile, nelvertere al cielo, accompa-gna l’ascesa salvifica diArione. E l’azione caritate-vole della Misericordia sirinnova anche in questaospitalità, in un incontromaturato dalla plurisecolaresensibilità all’arte dell’Arci-confraternita fiorentina.Si può percorrere la letturadel racconto/viaggio bron-zeo di Ivan Theimer in que-sto luogo irradiatore di si-gnificati, seguendo alcunedirezioni; comunque, po-tenti contenuti, mobili estabili allo stesso tempo co-me i quattro punti cardina-li, raggiungono l’occhio di chi, incuriosito, s’imbatte inquesta nuova presenza nel contesto urbano. Un prismamonolite dalle cave di Pietrasanta è evocatore - nel so-lido biancore - di manualità e fatiche, di trasporti peracqua e per terra; è concettuale sintesi anche delle im-prese dell’Opera, segnate dell’ingegno fiorentino, dispie-gate intorno e si dispone al dialogo con la svettante tur-rita controfaccia del campanile. Il marmo, la solida con-cretezza della materia, che la terra rinserra e custodisce,è l’elemento ‘terrigno’, fondante di questo progetto diTheimer. Su di esso poggia il bronzo, che di per sé, pro-dotto di combustione, passa attraverso l’elemento del

    fuoco, includendo un secondo contenuto cosmologico,endogeno. E i protagonisti della scultura, Arione con ildelfino suo salvatore, fedeli al racconto di Erodoto (Sto-rie, I, 23-24), prendono slancio, in aria, per divenire in-fine luce di costellazioni celesti. E’ un abbraccio confidente quello di Arione, cantore ci-taredo di Metimna, che costretto, durante un viaggio dirientro a Corinto dalla Sicilia, da marinai invidiosi deisuoi successi e del suo talento a morire nelle acque delMediterraneo, è trasportato in salvo da un delfino am-maliato dal canto e dal suono della sua lira.La scultura, impostata verticalmente sui corpi serrati delcitaredo e di un delfino danzante, materializza anche lostrumento, secondo tradizione creato col caracape di

    una tartaruga, simbolo co-smico di cielo e terra, cheIvan Theimer con fedelecoerenza insistentemente hascelto ancora una volta d’in-serire nella scenografia dia-logante. Qui la lira sta poe-ticamente sospesa appunta-ta sulla bocca del delfino, ilcui corpo è percorso da unatessitura di bassorilievi conmappe del mar Mediterra-neo e attraversato da storie,memorie di cammini, dipellegrinaggi. Alla pietas delmitico delfino, vettore disalvezza, sostegno vitale alfidente Arione, l’artista asso-cia anche pesciolini che re-sistono sul corpo del canto-re, partecipi di un’impresacorale, come l’acqua checonduce a nuova vita, a un

    battesimo laico. Il racconto dunque si fa strada per viadi spessori di materia e di concetti, forgiati secondo ilcoerente modus operandi di Ivan Theimer, artista digrandi realizzazioni e successi internazionali.Anche nella fontana che ad Olomouc, città moravanatale di Ivan Theimer, accoglie l’Arione che col suodelfino spruzza getti d’acqua rigeneratori del mito edella vitalità della scultura; una fontana che tiene vivala tradizione, accompagnandosi alle altre cinque checonservano nei loro apparati scultorei la memoria didei e di eroi.

    Giovanna Giusti

    San Sebastiano e ArioneELEMENTI DEL COSMO E DELLO SPIRITO IN IVAN THEIMER

  • VITA SOCIALE SAN SEBASTIANO APRILE 2012

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    Il 22 dicembre, nella Chiesa dei Sette Santi, è stata cele-brata la S. Messa per i Fratelli e i dipendenti della Miseri-cordia. Il Provveditore ha voluto così rivolgere i propriauguri ai presenti che dopo la funzione si sono intratte-nuti, nei locali della parrocchia, per un ricco buffet. Al termine della S. Messa il Provveditore ha effettuato lepremiazioni per i Servizi di Carità del 2010.Settantacinque Anni: Soci SilverioSessanta Anni: Profeti Alessandro, Surchi RobertoCinquanta Anni: Alloi Germano, Barboni Piero, DellaLuna Alberto, Ducci Vittorio, Noccioli Aldo, Orlandini Ro-berto, Peretti Giancarlo, Properzi Fernando, Rogai Paolo. Quaranta Anni: Bartolini Roberto, Beconcini Riccar-do, Breschi Andrea, Carini Livio. Cecchi Massimo, Con-solati Giovanni, D’Oriano Vittorio, Focardi Piero, Funo-si Mauro, Giannini Giuliano, Landini Mario, OropalloLuigi, Pierucci Marco, Rossi Sergio, Salucco Costantino,Salvadori Mauro, Salvadori Piero, Surchi Andrea.

    Trenta Anni: Angeletti Franco, Azzini Giovanni, Barto-lozzi, Binazzi Gino, Bulletti Luciano, Burberi Alessandro,Corti Renata, Faleg Fausto, Fanfani Roberto, GamneriPiero, Gattinelli Andrea, Gimignani Giorgio, GiomiUberta, Guasti Angelo, Landini Filippo, Lenzi Laura, Loc-chi Roberto, Pagliai Gianluigi, Pancani Simone, Pandi-nelli, Pescini Raffaello, Picciotti Simone, PiccolominiRoberto, Poggini Paolo, Pomposi Elena, Rinaldi Mario,Rocchi Giovanni, Sangiovanni Pier Luigi, Stiattesi Ro-berto, Veltroni Fabio.Venti Anni Serviz io Mutature: Profeti Alessandro,Pucci Gina Carlo, Rispoli Giancarlo.Dieci Anni Serviz io Mutature: Masi Alberto, Picco-lomini Roberto, Rossi Roberto.Serviz