recensiojn i · 2019. 3. 5. · recensiojn i rem y, mémo ires d’un agent secret de la france...

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RECENSIOJN I R em Y, Mémo ires d’un agent secret de La France libre, juin, 1940 - juin 1942. Monte Carlo, Raoul Solar éd., in 8", pagg. 492. — Id., Le livre du courage et de la peur, juin 1943 - novembre 1943. - To - nies deux. Paris, Aux Trois Couleurs, 1945. — Id., Une affaire de trahison (Suite des Mémoires d’un agent secret, avec un poème de J ean Cayrol). Monte Carlo, Raoul Solar, s. a., pagg. 353 con ili. f. t. — Id., Comment meurt un réseau (fin 1943). Monte Carlo, Raoul Solar, 1947, pagg. 193 con ili. f. t. Colonel P assy, Souvenirs, Vol. I: Deu- xième Bureau: 10, Duke Street, Lon- dres (Le B. C. H. A.). Monte Carlo, Raoul Solar, 1947. Voli. 2, pagg. 237, 387. Questi libri, che non a caso si rag- gruppano qui insieme in un’unica recen- sione, appartengono a quel genere di memoriali che, sfrondati di quanto han sempre di personale e di personalisti- co, forniscono buon materiale allo sto- rico che voglia indagare la genesi e lo svolgimento dei fatti occorsi nei pe- riodi tormentati della vita pubblica e civile. Qui, col racconto appassionato degli avvenimenti che precorsero e ac- compagnarono il sorgere della resisten- za gaullistica, la sua organizzazione, il suo sviluppo drammatico sul territorio francese occupato, è principalmente di rose di guerra che si tratta, non senza commistione con le cose politiche. Finora degli aspetti della resistenza francese non s’è considerato tra noi che quel tanto legato alla nostra stessa lot- ta armata che s’impernia sull’attività dei maquis: importantissimo, senza dubbio, e non ancora nemmeno stu- dialo a dovere. Questi libri ci aprona uno spiraglio su qualcosa di più inte- ressante; una esperienza della resisten- za, diversa e vicina. E a tal proposito occorre rilevare, sia pur di sfuggita e a rischio di dar sulle dita a taluno, che di maquis non ci fu nulla di nulla prima del ’43 avan- zato. Precisazione cronologica che sa- rà opport no tener presente per non avallare incautamente certe postume gonfiature, e che è chiara anche nelle parole di Gilbert Renault, cioè di Re- my: «Le maquis n’a commencé de se ereér qu’à partir des premiers mois de 43, une fois que la déportation vers l’Allemagne a remplacé la Relève. En 42, à de très rares exceptions près, les seules organisations clandestines armeés qui luttaient efficacement contre les Allemands étaient composées de Francs- Tireurs et Partisans» (ch’eran poi le organizzazioni del partito comunista francese (Mémoires, p. 360). Renault., prima della Resistenza, era noto come buon regista cinematografi- co; il Capitano Dewavrin, che qui co- nosciamo col nome di colonnello Pas- sy, era un modesto ufficiale di carriera che si trovò al fianco del generale De Gaulle quando questi si pose a capo del movimento della France Libre. Pas- sy, organizzatore del Servizio Segreto francese in terra inglese, e Rémy, or- ganizzatore di uno dei più forti nuclei di resistenza in patria, si compresero e si strinsero d’amicizia tra loro. Gli avvenimenti raccontati dall’uno s’intrec- ciano con quelli che l’altro preordinò e sostenne; accade così che questi vo- lumi siano complementari. E se non è qui il caso di narrare avvenimenti, è tuttavia utile trarne qualche osserva- zione.

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Page 1: RECENSIOJN I · 2019. 3. 5. · RECENSIOJN I Rem Y, Mémo ires d’un agent secret de La France libre, juin, 1940 - juin 1942. Monte Carlo, Raoul Solar éd., in 8", pagg. 492. —

R E C E N S I O J N I

R em Y, M émo ires d ’un agent secret de La France libre , ju in , 1940 - ju in 1942. M onte Carlo, R aoul Solar éd., in 8", pagg. 492.

— Id., Le livre du courage et de la peur, ju in 1943 - novem bre 1943. - T o­nies deux. Paris, Aux T rois Couleurs, 1945.

— Id., Une affaire de trahison (Suite des M ém oires d ’un agent secret, avec

u n poèm e de J ean Cayrol). M onte Carlo, R aoul Solar, s. a., pagg. 353 con ili. f. t.

— Id., C om m ent m eurt u n réseau (fin 1943). M onte Carlo, R aoul Solar, 1947, pagg. 193 con ili. f. t.

Colonel P assy, Souvenirs, Vol. I : D eu­xièm e B ureau: 10, D uke Street, L o n ­dres (Le B . C. H. A.). M onte Carlo, R aoul Solar, 1947. Voli. 2, pagg. 237, 387.Q uesti lib ri, che non a caso si rag­

gruppano qui insiem e in un ’unica recen­sione, appartengono a quel genere di m em oriali che, sfrondati di quanto han sem pre di personale e di personalisti­co, forniscono buon m ateriale allo sto­rico che voglia indagare la genesi e lo svolgim ento dei fatti occorsi nei pe­riod i to rm entati della vita pubblica e civile. Qui, col racconto appassionato degli avvenim enti che precorsero e ac­com pagnarono il sorgere della resisten­za gaullistica, la sua organizzazione, il suo sviluppo dram m atico sul te rrito rio francese occupato, è principalm ente di rose di guerra che si tratta , non senza com m istione con le cose politiche.

F inora degli aspetti della resistenza francese non s’è considerato tra no i che quel tanto legato alla nostra stessa lo t­ta arm ata che s’im pernia su ll’attività dei m aquis: im portantissim o, senzadubbio , e non ancora nem m eno stu­

dialo a dovere. Questi lib ri ci ap ro n a uno spiraglio su qualcosa di p iù in te ­ressan te; una esperienza della resisten­za, diversa e vicina.

E a tal proposito occorre rilevare , sia p u r di sfuggita e a rischio di dar sulle dita a taluno, che di m aquis non ci fu nulla di nulla prim a del ’43 avan­zato. Precisazione cronologica che sa­rà opport no tener presente pe r non avallare incautam ente certe postum e gonfiature, e che è chiara anche ne lle parole di G ilbert R enault, cioè di Re- m y: « L e m aquis n ’a comm encé de se ereér qu’à p a rtir des p rem iers m ois de 43, une fois que la déporta tion vers l ’A llem agne a rem placé la Relève. En 42, à de très rares exceptions près, les seules organisations clandestines arm eés qui lu tta ien t efficacem ent contre les A llem ands é ta ien t composées de Francs- Tireurs et Partisans» (ch’eran poi le organizzazioni del partito com unista francese (M ém oires, p. 360).

Renault., p rim a della Resistenza, era noto come buon regista cinem atografi­co; il C apitano Dewavrin, che qu i co­nosciamo col nom e di colonnello Pas­sy, era u n m odesto ufficiale di carriera che si trovò al fianco del generale De G aulle quando questi si pose a capo del m ovim ento della France Libre. Pas­sy, organizzatore del Servizio Segreto francese in te rra inglese, e Rémy, or­ganizzatore di uno dei p iù fo rti nuclei di resistenza in patria , si com presero e si strinsero d’am icizia tra loro. Gli avvenim enti raccontati da ll’uno s’in trec­ciano con quelli che l ’altro p reo rd inò e sostenne; accade così che questi vo­lum i siano com plem entari. E se non è qu i il caso di n arrare avvenim enti, è tu ttavia u tile trarn e qualche osserva­zione.

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Spiace di trovare nel Passy soverchio risen tim ento pe r il governo inglese che, m ettiam o pure con un com prensib ile in teresse, ospitò il generale e i suoi e ne perm ise e ne appoggiò l ’a ttiv ità : è un risentim ento ingeneroso perchè tra ­scura il grosso delle difficoltà e s’im pa­nia nelle piccolezze, come san fare tal­volta i m ilita ri di professione. N on era facile, e forse non era nem m eno conve­niente, lasciare p iena lib e rtà d’azione in In gh ilte rra alle forze della Resistenza francese, che eran di necessità raccogli­ticce e, alm eno sul p rincip io , inform i. Insofferente di freno De G aulle, certa­m en te ; e im paziente la sua parte il ca­po dei Servizi segreti, che ci racconta le sue vicende non senza colpetti di tu ­ribo lo alla sua persona. P iù sereno e p iù schietto ci pare il R enault, perchè p iù um ano, perchè p iù a contatto con la grandezza e con le m iserie d i una lo tta che in ghiotte gli uom ini e le cose; e perciò i l ib r i suoi sono assai p iù in te ­ressanti e, in un certo senso, am m oni­to ri.

Scevro di re to rica e nudo com e un docum ento, questo racconto del R e­n a u lt: come sia nata, come sia vissuta, s i può dire, della m orte dei suoi com ­ponenti la Confrèrie N otre Dame, cu­rioso nom e d’un réseau d i resisten ti; e l ’A. ci dice l ’origine di quella deno­m inazione, da una statua di M adonna, giacché egli è un credente e della sua fede cattolica non fa m istero. È raro che si lasci andare a giudizi delle cose c degli u o m in i; quando nè dà, il do­lo re pe r le p e rd ite subite, p e r i caduti che potevano essere risparm iati, pe r le sciagure della patria lo spinge a seve­rità grande. Ma piace ch’egli, in codesti giudizi, non risparm i m ai se stesso e che, con una introspezione spietata, frughi entro l ’anim a p ropria e ne r ile ­vi francam ente e le ansie e le debo­lezze.

L ’esperienza sua e dei suoi com pagni — quanto pochi i sopravissuti! — fu

soltanto in parte gemella della nostra, giacché le condizioni in cui que lli ope­rarono furono in gran pa rte m olto d i­verse pe r le diversità delle fo rtune po ­litiche e m ilitari. E diverso, soprattu tto , il sostrato psicologico ; differenti, p e r­ciò, di là dagli am bien ti e dalle c ir­costanze e dagli sta ti d’anim o, i m ezzi della lotta.

È su questo che una recensione in fo r­m ativa può essere utile , ponendo l ’ac­cento, in term ini di confronto, su ll’espe­rienza dei R énau lt e sulla nostra.

I. - Ognuno sa come fosse viva e ope­rante nella Resistenza ita liana la so li­darietà, e come tu tti ci si adoperasse a salvare dalle p rig ioni, anticam ere della fucilazione o dell’im piccagione, i com ­pagni cattura ti : continua la re te deicontatti m ediati tra i nem ici e noi per gli scam bi dei p rig ion ieri e non ra re le evasioni a rd itam ente p repara te e talora rocam bolesche. N idla di questa episo­dica, dirò così, rom antica, nella R esi­stenza francese che operava in te rrito ­rio occupato e non disponeva di un ve­ro apparato m ilitare. « La règle voulait, lo rsq u ’un des nôtres tom bait aux m ains de l ’ennem i, qu’il fû t oublié de tous les autres en tant qu ’être vivant. T oute in ­quiétude su r son sort nous eû t indu it en des tentations dangereuses p o u r la vie du réseau. Nous n ’avions pas le droit de le sauver. Nous avions le devoir stricte de l ’arracher, sinon de notre coeur, où son image pan te lan te dem eu­ra it enfouie, au m oins de nos pensées qui ne pouvaient se perm ettre d’être vagabondes» (M ém oires , p. 17). È una règle che i resistenti com unisti segui­vano già rigorosam ente, come osserva altrove il Rém y che, nonostante la po­sizione prem inente che gli era assicu­rata dalla possib ilità di ottenere, egli solo, a iu ti dal D euxièm e B ureau , non riuscì m ai a penetrare addentro n e ll’or- ganizzazione com unista e dei capi di questa conobbe soltanto un Joseph di cui ci dà un am m irato ritra tto .

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Certo, l ’occupazione tedesca era d u ra : Je perqu isiz ion i delle case sistematica- niente condotte, gli arresti ne lle strade e nelle vie, la captazione delle onde emesse dalle trasm itten ti clandestine, tu tti i m ille accorgim enti di un nem ico sem pre presente rendevano durissim o il lavoro di Rém y e dei suoi. E il trad i­m ento o la debolezza eran sem pre in agguato; la paura, onnipresente, dom i­nava lo slancio della lo tta , snervava, avviliva. E non è da credere che la pau ra fosse v iltà : la paura è uri sen­tim ento um ano e anche degno quando non si fa vigliaccheria. « J ’avoue que j ’ai eu peur, p resque constam m ent peur. Si j ’ai tenu, si j ’ai été secouru, c’est parce que j ’ai prié. Je n ’avais pas assez confiance en m oi p o u r m ’en rem ettre à ma seule fe rm eté» {Mémoires, p. 267). Paro le che non sono di u n debole, an­che se rivelano una um ana debolezza. P iù um ane ancora queste a ltre : « L e courage — ce qu’on est convenu d’ap­pe le r courage — n ’est souvent pas fa it d ’au tre chose que de la volonté de ré ­pondre à l ’idee que les gens se font de nous. Je tiens à l ’opin ion de ma femm e et à celle de mes amis, j ’au rai donc du courage. Mais s’ils pouvaient voir au travers de m oim ême... » {Le livre, etc., p. 164). Ma quan ti non hanno avu­to coraggio ! Quanti, là come qui tra noi, parlarono , denunziarono, furono sp in ti di là dalla linea o ltre la quale la paura diviene v iltà! D eportazioni in G erm ania e fucilazioni ne conseguono; i superstiti del réseau non sono che gli scarsi rito rn a ti dalla deportazione. Il racconto degli in terrogatorii e delle to r­tu re, la narrazione — sem pre da tes ti­m onianze d irette — delle sofferenze du rate nelle p rig ioni, sono te rr ib ili ne l­le pagine di Rémy, il quale sottolinea le nefaste conseguenze di quella sm a­nia di volersi m ostrare « bene in fo r­m ati » che fece m olte v ittim e anche ne l­le nostre città. «Sans les im prudences de beaucoup des nôtres — je sais ce

dont je parle , j ’en ai comm ises — sans J a jactance de quelques-uns de nos ca­m arades, sans l ’irrésis tib le besoin de prouver au voisin que l ’on est au cou­rant et qui anim e tan t de Français, sans la m ilice et les trahisons, la G estapo n ’au rait pas fa it dans nos rangs le cen­tièm e des ravages qu’ils ont supporté »► {Le Livre, p. 212-13).

E piace ascoltare da questo resisten­te che, nonostante le sue confessioni d i debolezza, fu un in trep ido , paro le fe r­me come queste, che non vanno d im en­ticate pe r i l fu tu ro : « N u l au m onde n ’a le d ro it de ju g er sans p itié celu ilà qui, ayant été to rtu ré , a parlé... person­ne n’a ce droit, pas m êm e celui qui sait, pour l ’avoir éprouvé, ce que représente la to rtu re et qui p eu t affirm er au jo u r­d’hu i qu ’il l ’a constam m ent supportée sans fa ib lir» {Une affaire, etc., p. 16)-

II. - Ma in che consisteva l ’opera d i Rémy e del suo réseau? N el ten e r vivo lo sp irito di resistenza e ne ll’a lim en tar­io con gii aiuti degaullisti ed alleati. I F .T .P. {Francs-Tireurs et Partisans) facevano il grosso e piccolo sabotaggio ; gli uom ini di Rém y tenevano il co lle ­gamento con le em issioni g iornaliere di notizie m ediante le stazioni radio , con l ’invio di docum enti a L ondra, col pas­saggio d’ind iz iati in Inghilterra . A erei andavano e venivano tra le due coste; un veliero forzava, ad in tervalli, i b loc­chi m arittim i dei Tedeschi. A vventure rom antiche e rom anzesche che no i non conoscemmo, e che di là dalla M anica non si teneva a farci conoscere, perchè quando la Resistenza italiana entrò nel gioco delle forze contrastanti non fu aiu tata efficacemente finché non fu in grado, pe r v irtù p ropria, di a iu tare a sua volta.

III . - Notevole, in talune pagine d i Rémy, il giudizio sui benpensanti, che son poi i pavidi di tu tti i tem pi e di tu tti i luoghi, e che tra noi. sospirando in segreto, volevano che fascisti e n a ­zisti se n’andassero alla m alora, sì, ma

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con certe fo rm e; che diam ine, alla fin fine gli anglo-am ericani avrebbero p u r v in to ; « T o u s ces gens-là... a ttendent la v icto ire anglaise — ils ne d iron t jam ais jranco-unglaise, cela leu r écorcherait la langue, et encore m oins alliée, car ce term e p ourra it im plicitem ent désigner la Russie, FU.R.S.S., l ’Ours soviétique, le couteau entre les dents, quelle h o r­reu r! ». E benché sia risaputo quel che l ’A. dice ancora in questa pagina, e vi­vo nella nostra coscienza dove i p iù a- m ari ricord i della lo tta e dell’am biente della lo tta stentano a dissolversi ed a svanire, pu re piace rileggerlo : « L abourgeoisie dont je parle est celle de l ’adm in istra teu r qui tien t à ses socié­tés, du paysan qui tien t à ses gros sous, du com binard qui tien t à son m arché no ir, du com m erçant qui tien t à ses af­faires, du général qui tien t à ses é to i­les, et de l ’évêque qu i tien t à sa m itre... La peau, p o u r elle-même, est une m ar­chandise connu ne. Le peuple — et le peuple c’est l ’ouvrier, le pe tit employé, le pe tit ren tier, le pe tit ferm ier, le pe tit com m erçant, le pe tit industrie l, le curé de cam pagne, la profession li ­berale, les artistes, tous ceux qui n ’ac­cordent à l ’argent qu’une va leur re la ­tive, des révolutionnaires, quoi! le peu ­ple, c’est celui qui n’a que la peau sur les os. E t ce qui vous m ontre bien, m onsieur, que cette peau et ces os ne valent pas grand’ chose, c’est qu ’il don­ne volontiers le to u t pour r ie n » «M é­moires, p. 220).

Mancò alla Resistenza francese, alm e­no sul p rincip io , il largo apporto della cosiddetta alta borghesia, degli « in te l­lettuali ». come im propriam ente si suol d ire tra noi e m ancò, si capisce, perchè la Resistenza francese nacque da i no stato di fatto im posto dalla guerra e con la guerra, non preparato da condi­zioni an terio ri di servaggio politico e c iv ile ; laddove parte notevole nella no­stra Resistenza ebbero l ’in telligenza e la

cultura, repugnanti a ll’oppressione del regim e.

E in F rancia come in Ita lia — giova saper questo e rico rdarlo — accanto a quelli che pensavano soltanto ad a rre ­care duri colpi al nem ico, c’eran quelli che pensavano già a ricostru ire. Oggi,; è evidente, i p rim i o sono ind ifferen ti o già dubitano in cuor loro di avere scelto, allora, il posto m ig lio re ; i se­condi son sem pre, come allora, nel vi­vo del dramm a.

11 cap. XXXVIII dei Mémoires è una disam ina de ll’atteggiam ento dei F ran ­cesi dopo l’arm istizio , e p iù d’una os­servazione s’a ttag lierebbe a quei nostri che s’acconciarono, e bene, alla rep u b ­blica di Salò. « l i est un fait contre le quel tous les discours, toutes les p ro ­testations, et tous les certificats post­datés de Résistant ne peuvent r ien : l ’ap­pel du général De Gaulle en ju in ’40 n’a été en tendu que par une infime 'mi­norité de Français, tandis qu ’une très forte m ajo rité de ces mêmes Français se rangeaient derriè re Pétain et sa po li­tique » (p. 402). Ma questi u ltim i sape­vano il fatto loro (quanti, in Italia, lo hanno saputo, il fatto loro?..,): «N ous jouerons la libération quand les Boches n ’en p o urron t plus et com m enceront à devenir de m auvais c lien ts» (p. 405).

IV. - In teressanti talun i spiragli su l­l ’organizzazione dei Tedeschi occupan­t i : una organizzazione p iù m inuziosa, in q u iren te e reprim ente , come quell’o r­ganismo di spionaggio e controspionag­gio, m ascherato dal traffico del m erca­to nero, che si chiam ò Abivehr, sul princip io p iù forte della Gestapo di cui era il braccio secolare, po i soprav- vanzato da quella. E ra un ram o della IVehrmacht. I suoi m etodi — dice R é­my — eran corre tti, a differenza di quelli usati dalla Gestapo: infieriva sui pa trio ti con una certa « um anità ».

E interessantissim i i partico lari della vita del réseau: come si preparavano i corrieri inform ativi, i lanci di m ateria ­

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li e di uom ini, il trasporto delle arm i e il passaggio delle persone attraverso la M anica ; com e lo stesso R ém y andò tre volte in Inghilterra .

I retroscena di tu tto questo si pos- son trovare nei lib ri del Passy. Ma oc­corre leggerli con cautela! La passio­ne, anzi il livore, a cui ho accennato sui princip io di questa recensione, ci fan dubbiosi tu tte le volte che le af­ferm azioni non son corroborate da un docum ento preciso o da un verosim ile rapporto di fatti. Acri, pungenti, e non tu tti sereni i giudizi su iranun irag lio M uselier, che pe r qualche tem po fu il capo delle Forze A eree della France L ib re ; M uselier è la seconda « b estia nera » di Passy, dopo V lntelligence Ser­vice che, dice lui, gli m etteva sem pre i bastoni nelle ruote, ma forse non ave­va gran to rto ad in frenare le in tem ­peranze galliche di De Gaulle e dei suoi. E Passy. si capisce, non vedeva di buon occhio i com unisti, di cui R é­my gli m andò un rappresentante in In ­ghilterra. « Pendant des m ois et des mois, Rex présida à des discussions stériles et bruyantes desquelles rien ne sortit, car chaque fois que, d’aventure on approchait d ’une décision, le rep ré ­sentant de l ’un des m ouvem ents, afin de gagner du tem ps, se réfug ia it derrière l ’obligation qu’il avait de consulter son com ité d irec teu r » (Souvenirs, I I , pag. 122).

I volum i del Passy possono essere u tili pe r quel tanto che è cronaca del­la nascita e dello sviluppo del servizio inform ativo — prim a D euxièm e B u ­reau , poi ufficio « R enseignem ent ac­tion » o B.C.R.A. — e delle m issioni c landestine in F rancia ; ma per servire veram ente allo storico dovrebbero veni­re in tegrati con una p iù nu trita docu­m entazione e con le testim onianze di <tuei m olti che FA. avvicinò. Gli archivi inglesi darebbero p iù d’una sm entita al bo llen te ufficiale degaullista. Vero è che non dovette esser com pito facile il

suo, con tan ti p ro fitta to ri che bussava­no alla porta del suo ufficio , con l a u ­

tissim i che pensavano di debellare i Tedeschi alla guascone, e con quel De Gaulle che lo stesso Passy, così devoto al suo generale, non può esim ersi dal presentarci come un certo caratterino !

L ib ri siffatti, e penso a quelli di Rémy, non ci danno com plete le linee della Resistenza francese, anche perchè l’episodica soverchia l ’insiem e, ma gio­vano a trattegg iarne aspetti non trascu­rab ili e forniscono un contribu to come quello che noi chiediam o ai lib ri del­lo stesso genere che si è andati p u b ­blicando in Italia.

Agostino Severino

La Guerra: Partigiana vista clai classicidel M arxism o-Leninism o. - Edizioniper le L ingue estere. - Mosca, 1945.

N ell’epoca della guerra totale in cui le « d im en sio n i» m ilita ri sono quasi in ­teram ente coperte dai m ezzi m eccanici, esaurite con in tend im enti di massa (i russi m arxisticam ente parlano di « p e ­riodo della m acchina nella guerra » con­trapposto al precedente « periodo della m anifattu ra nella guerra» ) la lo tta pa r­tigiana (qualificab ile sul piano della scienza m ilita re com e « guerriglia ») do­vrebbe sem brare a tu tta p rim a un fe­nom eno bellico di scarso sviluppo o per lo m eno un fa tto re di ruolo secon­dario. L ’esperienza de ll’u ltim o conflit­to ha tu ttavia rivelato il contrario . N el­la seconda fase della cosidetta guerra dei tren t’anni del secolo XX i m ovi­m enti di « resistenza » e di « liberaz io ­ne » nazionali si sono estesi ed organiz­zati al punto da im porsi fra i due pa r­titi in lo tta come u n vero e p roprio « terzo scacchiere» , ponendo il feno­m eno della guerra partig iana sul piano della considerazione storico-m ilitare in m odo nuovo e caratteristico : per lavastità te rrito ria le , la consistenza popo­

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lare , Torgaiiizzazione m ilita re com piuta.Quest’u ltim a caratteristica d i com piu­

ta organizzazione m ilita re ha avuto un apporto cospicuo o ltre che di quadri, di tecniche e di esperienze, dalle ideo­logie m arxistiche, già tradizionalm ente e program m aticam ente attrezzate p e r la lo tta politica rivoluzionaria. U na vera sum m ula di queste tecniche è con tenu­ta in un ’operetta edita pe r le E dizioni in L ingue estere: La guerra partigia­no. nei classici del M arxism o-Leninism o , Mosca, 1945.

La prim a parte : «M arx ed Engels sulla lo tta partig iana », di valore p re ­valentem ente storico, cogliendo alla lu ­ce dello storicism o m arxistico alcune esperienze insurrezionali del secolo scor­so, dà spunti e suggestioni di grande interesse cd a ttualità. In una scelta di lettere , no te ed artico li trascorrono e- p isodi delle « azioni partig iane in Ispa- gna contro l ’invasione di N apoleone I (1808-1812) » ; considerazioni sulla «lot­ta politica in I ta lia» (Novara ’49), su l­la « lo tta di strada a Parig i nel Giugno del 1848»; sequenze della « g u e rra par- tigiana in Francia contro gli invasori prussiani del 1870-1871 » ; ed ancora, considerazioni ed insegnam enti sulla « guerra di m ontagna nel passato e nel presente » e sulla « insurrezione come arte ».

In un brano de ll’articolo di Marx-En- gels: «Spagna rivo luz ionaria» p u b b li­cato dalla New-York Daily T rib u n e il 30 o ttobre 1854 si può già vedere de li­neato un concetto di « guerriglia » d i­stinto da quello di « guerra » pe r dei ca­ra tteri ben specifici. « La disastrosa bat­taglia di Ocana, 19 novem bre 1809, fu l ’ultim a battaglia cam pale che gli spa­gnoli com batterono. Da allora in poi essi si lim itarono alla guerriglia... Q uan­do i disastri dell’esercito perm anente d ivennero regolari, l ’apparire dei pa r­tigiani diventò generale e la massa del popolo, rim asta quasi insensibile alle sconfitte nazionali, esultava per i suc-

cessi locali ripo rta ti dai suoi eroi ». «I partig ian i spagnoli — si continua r ip o r­tando una frase d ’articolo del G iornale M ilitare A ustriaco (voi. I, 1821) —portavano le loro basi, per così dire, in sè ed ogni spedizione in trapresa contro di essi term inava con la sparizione del bersaglio ». Ma quando i partig iani « scim m iottarono la regolarità di un e- sercito perm anente e portarono i loro corpi da 3000 e 6000 uom ini... resi in ­capaci dal lo ro grande num ero di ce­larsi al nem ico e di scom parire im prov­visam ente senza essere costretti ad ac­cettare battaglia... erano adesso spesso raggiunti, sconfitti, dispersi e m essi n e l­la im possib ilità pe r un certo periodo di tem po di m olestare i francesi» . E si aggiunge: « I partigiani... finirono nelle m ani di un pugno di capi che ne fecero quell’uso che m eglio rispondeva ai loro scopi personali ». La guerriglia è dunque una tecnica bellica d i a rtico ­lazione al m illesim o delle forze d ispo­n ib ili, e non di concentrazione. N atu­ralm ente anche l ’articolazione deve a- vere una sua « un ità ».

Un articolo piuttosto polem ico sulla 'L o tta politica in I ta lia» pubblicato dalla «Nene R heiniscbe Zeitung» n. 216 ( I I 1 ed.) il 1° aprile 1849, accusa la m o­narchia sabauda di condurre una «guer­ra o rd inaria, borghese, o n esta» ; critica in generale «i mezzi o rd inari di guerra», auspica « r in su rrez io n e in massa, la guerra rivoluzionaria ed un sollevam en­to delle masse nel terro re rivoluziona­rio ». Il concetto di « g u e rrig lia» si va qui sv iluppando: la vediam o intesa co­me « im piego di mezzi strao rd inari » m entre la guerra come « im piego di mezzi o rd in a ri» . Ino ltre essa non è più solo una partico lare tecnica bellica, ma im plica altri fattori di natura schietta­m ente sto rica: l ’ideologia com incia ad entrare nella scienza e nella esperienza m ilitare. V iene afferm ato il p rincip io della « popolarità » della guerra come prim a caratteristica di una guerra par-

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tigiana, e per guerra partig iana si in ­tende un m ovim ento di « guerrig lia » su vasta scala popolare e te rr ito ria le ; un vero e p roprio « terzo scacchiere », co­m e dicevamo.

Questo p rincip io fa nascere un ’idea di connessione fra i l processo d i popo­larizzazione sp irituale e m ateria le delle guerre, come quelle m oderne, e la pos­sib ilità dell’apparire di vasti fenom eni di guerra partigiana. A ll’aum ento delle « dim ensioni » sp iritu a li (ideologiche) e m ateriali (guerra totale) delle guerre, corrisponderebbe una p rogred ien te ef­fervescenza partig iana con una consi­stenza popolare sem pre p iù spiccata. La contam inazione ideologia-scienza m i­lita re, ha quindi nei teorici del socia­lism o scientifico delle ragioni ben chia­re.

A lcuni stralci tra tti dagli u ltim i b ra ­ni della prim a parte del volum e lum eg­giano in certo m odo questa idea. P a r­lando dell’esercito partigiano della L oi­ra (che si oppose alle arm ate di Mol- tke duran te l’assedio di Parig i del 1870) Engels d ice: « ...g li è che una volta svegliato lo sp irito di resistenza popo­lare anche un esercito di 200.000 uom i­ni non va m olto lontano nella occupa­zione di un paese ostile... ». E p iù sot­to « ...anche un esercito disfatto trova presto un posto sicuro pe r sfuggire al- rin seguim ento del nem ico se la popo­lazione insorge» . Queste afferm azioni, sia detto di passaggio, gettano qualche luce sull*« 8 Settem bre» italiano, q an­do alla disfatta dell’esercito non co rri­spose l ’insurrezione popolare, del resto, prem aturam ente nata m orta al 25 L u­glio pe r la non-aderenza dell’esercito stesso.

Dagli artico li sulla guerra di m on­tagna (Engels ricalca la nota massima di N apoleone: dove può passare una capra può passare un uom o, dove un uomo un battaglione, dove un ba tta ­glione un ’arm ata, e riconferm a la ta t­tica della m obilità e dei piccoli nuclei

sparpagliali) e sulla « in su rrez io n e co­me arte » contenente una form ulazione m arxiana dei p rincip ii insurrezionali, a r­riviam o alla seconda parte , prevalen te­m ente form ata da opuscoli di Lenin in cui questi p rincip ii p u r senza sistem ati­cità trovano una com piutezza ed un cer­to o rd ine di vere tecniche in su rrezio ­nali.

Qui Lenin parla chiaram ente di «lo t­ta popolare di massa » di « lo tta ar­m ala del p o p o lo » : le m utate situazio­n i storiche, anzi la m aturazione di q ue l­le « tendenze storiche » da cui M arx ed Engels avevano tratto la loro prim a e- sperienza, m ostrano a L enin, in pieno sviluppo, il fenom eno di popolarizzazio­ne m ateria le e sp irituale della guerra m oderna, onde pe r riflesso l ’insurrezione pro le taria sarà non p iù sem plice m oto, sporadica rivolta, ma un m ovim ento or­ganizzato dalle masse arm ate. La guer­riglia è per L enin la « d im ensione to ­tale » delia guerra di popolo cu lm inan­te nella insurrezione di c ittà: cioè la presa di possesso effettiva dei gangli vi­tali del complesso nazionale. P e r l ’in ­surrezione L enin detta nei fam osi «Con­sigli di un assente », del 1917, regole ben precise. Le riportiam o succinta­m ente: « n o n giocare alla in su rrezione; una volta com inciato, bisogna andare fino in fo n d o ; raccogliere forze m olto superio ri a q elle del nem ico; decisio­ne all’offensiva; p rendere il nem ico a l­la sprovvista quando è p iù d isperso; ogni giorno un successo se p u re m in i­mo per conservare la superio rità m ora­le e soprattu tto come disse D anton: De l ’audace, de l ’audace, encore de l ’au­dace ».

Lenin critica acerbam ente la consi­derazione della guerra partig iana come « guerra di straccioni » e le concezioni b lanquiste ed anarchiche della in su rre ­zione. È nota infatti la « so lid a rie tà » dell’atto terroristico insurrezionale an ar­chico, concepito e condotto esclusiva- m ente come « propaganda del fatto ».

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« Non vale tanto uccidere un Sergio qualunque — am m onisce Lenin, a llu ­dendo al granduca Sergio assassinato nel 1905 — quanto in iz iare azioni m i­lita ri assieme col popolo ». Lenin e la ­bora la m etodologia dei rapporti fra scioperi, d im ostrazioni organizzate ed in su rrezione; i m odi di passaggio di una parte dell’esercito dalla parte della insurrezione ed i sistem i della d irezio­ne centrale m ilitare della guerra in su r­rezionale ; afferm a l ’assoluta necessità di affiancare ai Soviet una d irezione m ilitare, il tu tto con quella analiticità di p rincip i e di osservazioni che hanno valso al rivoluzionario russo la faina di tecnico della insurrezione. In teressan­te la no tazione: «N essuna organizza­zione di partito può arm are le masse. Invece l ’organizzazione delle masse in piccoli gruppi di com battim ento dotati di grande m obilità po trà rendere un grande servizio al m om ento propizio per ottenere delle arm i ». Acuto teorico della prassi contro i « fabbricanti di si­stemi », dalla insurrezione di Mosca del 1905 egli trae spunto per dettare un denso articolo in cui è orm ai com piu­tam ente enunciata tu tta la tecnica della guerriglia insurrezionale, tecnica per cui l ’ins rrezione è un ’arte, di cui la regola principale, è l ’offensiva; « u n a offensiva di audacia disperata di una risolutezza in flessib ile: arte ed audacia trip lice ».

U tile ad ogni esperienza insurrezio­nale, la tecnica m arxista-leninista della guerriglia e della guerra partig iana è stata elaborata come arm a in m ano ad un governo rivoluzionario per « trasfor­m are il m ovim ento operaio in in su rre­zione p opo lare» . A parte la contam ina­zione ideologia-scienza m ilita re il va­lo re pratico c scientifico di questa tec­nica è indubbiam ente consistente; salva sem pre restando, come è logico, la d if­ferenziazione fra quello che è un fe­nom eno partig iano di « re s is ten za» o di « lib e raz io n e» , e quello che po treb ­

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be essere l ’apporto a detto fenom eno delle tecniche e dei quadri d’isp irazio­ne m arxista-leninista.

Dal punto di vista m arxistico poi « g u e rrig lia» , « g u e rra partig ian a» e « guerra » servono la politica. Del resto politica e guerra già nel m arxism o clas­sico si im plicavano; ed anche la m o­derna ideologia m ilitare sovietica rica l­ca la nota tesi del non-rnarxista Clau- sevitz: la politica genera la guerra e la guerra è la continuazione con mezzi v io lenti della politica.

F ilippo Barbano

Marie Syrkin, B lessed is thè M atch:thè S tory o j Jew ish Resistance , pagg.361, New Y ork, A lfred K nopf, 1947.

Nei vari m ovim enti della Resistenza avutasi in E uropa si fondono — p u r a t­traverso m oltep lic i varian ti — sostan­zialm ente due aspetti: la esigenza della liberazione nazionale e lo sforzo per l ’edificazione di una nuova società. Sor­ge qu ind i il quesito se nel caso della lo tta del popolo ebraico si possa p a r­la re di vero m ovim ento di Resistenza isolato e scindib ile da quello del pae­se, ove gli elem enti ebraici abbiano e- ventualm ente svolta la loro azione. A nostro avviso, si può ragionatam ente dare a ta le quesito una risposta affer­m ativa: l ’esame del grosso volum e di M arie Syrkin ha conferm ato questo con­vincim ento. Il tentativo purtroppo non sem pre riuscito di sopravvivere allo sterm inio ha assunto pe r gli Israeliti vere form e di lo tta di liberazione na­zionale; ciò specialm ente nei paesi del­l ’E uropa orientale, ove peraltro le co­m unità ebraiche nel ventennio fra jle due guerre avevano caratteristiche t ip i­che accettate di fatto, quando non r i­conosciute di d iritto , di m inoranze na­zionali. P e r il secondo aspetto com une ai vari m ovim enti della Resistènza lo sforzo nc r là costruzione di un m ondo

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m igliore è in questo caso chiaram ente riconoscib ile ne lla volontà cosciente di realizzazione degli ideali sionistici.

Da questa afferm azione scaturisce pe­rò una conseguenza, e cioè che è cor­re tto p arla re di m ovim ento della R esi­stenza ebraico soltanto se collegato allo sforzo sionista pe r l ’edificazione di « Ercz Israel » a ltrim enti si potrà pa r­lare — come nel caso de ll’Italia — di partecipazione ebraica ai m ovim enti lo ­cali della Resistenza. Argom ento che però esula dal tem a svolto dalla signo­rina Syrk in : ciò giustifica a nostro av­viso l ’om issione fatta nel lib ro , ove si eccettu ino accenni sparsi, di una tra t­tazione specificatam ente dedicata alle vicende c alla lotta degli E b re i nella penisola Italiana. D’a ltronde occorre an­cora rilevare che era logico ed inev i­tab ile che i sionisti assum essero la d i­rezione e la responsabilità della lotta del popolo ebraico. Come in Ita ­lia non si può parlare di lo tta di lib e ­razione distinta da quella antifascista du ran te la d itta tu ra , analogo è i l caso della Resistenza ebraica, ove la d ire­zione di tutto il m ovim ento venne as­sun ta dalla parte p iù attiva e po litica­m ente p rep ara ta : i sionisti. Q uesti ov­viam ente cercarono di convogliare i lo ­ro sforzi per la realizzazione dei loro postu lati ideologici.

P e r la vicenda altam ente dram m atica del popolo ebraico, il lib ro della Syrkin costituisce indubbiam ente una ricca m i­n iera di notizie e di inform azioni d if­fìcilm ente accessibili. L ’A utrice dim ostra notevoli capacità stilistiche ed il qua­dro che essa fornisce della tragedia a t­traversata dai suoi corre lig ionari non può non com m uovere ogni sp irito de­m ocratico. Non possiam o però conside­ra re « Blessed is thè M atch» come u n ’o­pera di storia. A questa conclusione siam o p ervenu ti dopo un ’attenta le ttu ­ra per i seguenti m otiv i:

•11) L ’opera è ispirata da una eviden­te tesi politica. Ciò si spiega col p e rio ­

do (fine 1947) in cui il lib ro venne re­datto e lo scopo palese dello stesso: la creazione d i quello clic divenne poi lo Stato d’Israele sem brava ancora lo n ta ­na. La Syrkin voleva convincere le in ­fluen ti com unità ebraiche am ericane della necessità inelu ttab ile della prose­cuzione della cam pagna sionista, d im o­strando — ed in ciò riesce pe rfe tta ­m ente — l ’im possib ilità palese p e r i suoi corre lig ionari di con tinuare a vi­vere in certi paesi d’Europa.

2) P e r conseguire con m aggiore e ffi­cacia lo scopo politico prefissosi è sta­to dato alla narrazione un tono di cro­naca e di racconto. È un difetto per un ’opera storica, ma si spiega colla vo­lontà di rendere la le ttu ra accessibile ad un largo pu b b lico : a ta l fine la narrazione è spesso fatta in tono perso­nale. Cioè l ’autrice non si fonda su d o ­cum enti, ma prevalentem ente sulla tra ­dizione ora le : « h o incontrato a Tel Aviv uno degli uom ini che furono sal­vati in conseguenza dei negoziati fal­liti con E ichm ann » e mi ha raccontato (p. 125), oppure «nella colonia di Daf­ne i genitori di Ucl m i parlarono di Varsavia e di L odz: della vita nel ghet­to, della resistenza e della fuga» (pag. 7). Ed ancora « di m olte giovani don­ne che ebbero parti d irettive nella resi­stenza ho sentito d ire che erano chiam a­te le m adri. Ogni ghetto apparen tem en­te aveva la sua madre» (pag. 191). Ciò conferisce al lib ro carattere quasi di corrispondenza giornalistica. Si com ­prende qu ind i che le citazioni di d o ­cum enti e relazioni u fficiali, raram ente fatte, siano alquanto m onche ed incom ­plete e che l ’au trice non senta la ne­cessità di rico rrere a note, pe r docu­m entare le afferm azioni fatte.

3) Una trattazione storica del m ovi­m ento ebraico della Resistenza avrebbe dovuto seguire un altro indirizzo. In i­ziare cioè coll’analisi dello sviluppo graduale di un m ovim ento clandestino nei ghetti e nei cam pi di concentra­

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m ento in E u ro p a; fare poi seguire una descrizione dei ten ta tiv i d i salvataggio d ire tti da centri ebraici esistenti in pae­si neu tra li quali il Portogallo , la Sviz­zera ed Istanibul. Come terzo argom en­to doveva seguire una narrazione delle rivolte avvenute nei ghetti e della lo t­ta dei partig iani. Solo in fine si sareb­be dovuto parlare delle m issioni p a ra ­cadutate di em issari ne lla penisola Bal­canica pe r salvare gli scam pati dal m as­sacro finale. Tale p iano sarebbe stato p iù logico, oltre che rispondente alla evoluzione successiva degli avvenim en­ti. L ’autrice ha ritenu to p iù opportuno seguire un criterio del tu tto irraz iona­le nella trattazione: si giustifica (pag. 17), afferm ando che « essa com prende­va la rilu ttanza del le tto re a varcare le soglie del ghetto, in quanto il p u b ­blico è sazio di descrizioni di a troc i­tà ». Ma essa ha p referito in iziare d e ­scrivendo le vicende dei giovani p a ra ­cadutisti, in quanto « la v ita lità delle loro avventure, anche se term inate co l­la lo ro m orte, perm etteva al le tto re d i m eglio avvicinarsi alle ceneri d i sei m ilioni di esseri um ani uccisi ». Cioè le persecuzioni riguardano il passato, ma l ’avvenire del popolo ebraico è — se­condo la signorina Syrkin — ne lle m a­ni di quei gruppi che ne hanno diretto la resistenza: gli avvenim enti successi­vi alla stesura del lib ro sem brano con­ferm are l ’esattezza di questa concezio­ne, che come si accennava a ll’inizio è poi la concezione sionista.

il fatto che « Blessed is thè M atch » non sia opera di storia non ne sm inui­sce l ’interesse, nè significa che i p ro ­blem i non siano centrati e opportuna­m ente messi a fuoco. P iù che dalla storia delle persecuzioni la tragedia del popolo ebraico ci pare illum inata da una serie di episodi, che d im ostra­no le difficoltà connesse ad una sua v i­ta pacifica in determ inati paesi d’E u­ropa. Così la m issione ebraica paraca­dutata in Croazia venne (pag. 37) p re ­

sentata esclusivam ente come b ritan n i­ca, in quanto a giudizio di quel Co­niando partig iano la regione aveva su­bito fortem ente l ’influenza della cam ­pagna antisem ita. Se i partig ian i fos­sero venuti a conoscenza che si tra tta ­va di ebrei palestinesi, essi avrebbero in ciò vista la conferm a della tesi na­zista che « gli E brei dirigono l ’In gh il­te rra ed il m ondo» . Siccome solo uno dei m em bri della M issione conosceva però l ’inglese ed era costretto a p a rla ­re cogli a ltri in ebraico, si spiegò ai croati che ta le lingua era quella gaeli­ca : « L ’ebraico ed il gaelico erano as­solutam ente incom prensib ili per i croa­ti e pertan to i palestinesi vennero p re ­sentati come gallesi ai partig ian i ».

In sostanza n e ll’E uropa O rientale il m ovim ento partig iano risentiva de lle forti tendenze antisem itiche che sono assai diffuse fra quelle popolazioni. «In Polonia, gli E brei dovevano tem ere press’a poco lo stesso tanto dalle fo r­m azioni locali che com battevano i na ­zisti, quanto dagli stessi nazisti. In Jugoslavia, specialm ente in quelle zone ove non esistevano fra le popolazioni v io lenti sentim enti antisem iti, l ’a ttitu d i­ne dei partig iani era p iù um ana. Ma anche in Jugoslavia, uno dei paesi più m oderati di tu tti i Balcani per quel che si riferisce aH’atteggiam ento verso gli E brei, le tendenze antisem ite e ra ­no talm ente fo rti da ren d ere incerti e pericolosi tu tti gli sforzi di co llabora­zione pe r il salvataggio degli E brei » (pag. 42). E così « an ch e nei boschi più rem oti e selvaggi, dinanzi ad un fuoco di bivacco o ad un sentiero forestale, i partig iani ebrei dovevano preoccu­parsi di certe im portazioni della civiltà quale l ’antisem itism o: l ’antisem itism odei Polacchi, dei L ituani, degli U crai­ni e dei Russi Bianchi » (pag. 263). Una delle p iù im portan ti form azioni ebraiche, che raggiunse l ’en tità di 1200 uom ini, nella regione di Baranowicz nella Russia Bianca O ccidentale venne

n m B H

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ad esempio n e ll’inverno del 1942 con­dannata a m orte dal com ando partig ia ­no sovietico sotto l ’accusa mossa dai con tad in i del luogo, d i saccheggio: so­lo dopo delicate tra tta tive si riuscì ad add iven ire ad un accordo (pag. 258). « I contadini polacchi o litu an i erano, pe r la m aggior parte dei nemici... Le form azioni partig iane ebraiche sistem a­te nei boschi vicino a V arsavia o a V ilna non potevano aspettarsi a iu ti dal­le popolazioni locali. Peggio esse do­vevano stare perm anentem ente sul chi va là per pericolo di attacchi o trad i­m enti. Ognuno — e non soltanto i te­deschi — era un nem ico potenziale » <pag. 240).

La lo tta di resistenza ha assento cioè aspetti com pletam ente diversi da quelli no ti in Italia. A causa de ll’ostilità delle popolazioni, o alm eno di una pa rte di esse — come ad es. avvenne in F ran ­cia — l ’opera di salvataggio e assisten­za ha rivestito partico lari d ifficoltà, ed i suoi risu lta ti furono pertan to lim ita ti. Ma l ’opera è con tinuata in in te rro tta ­m ente pe r tu tto il periodo delle perse­cuzioni in tu tta l ’Europa. La signorina Syrkin sotto linea l ’aiuto fo rn ito in O- lan d a (pag. 275) dalla Chiesa C atto li­ca e dai p ro testan ti, come pure in F ran ­cia (pag. 300): m anca invece ogni ac­cenno a ll’azione svolta in m ateria dal V aticano. La lacuna si spiega coll’im ­postazione del lib ro , che come ab b ia ­mo rilevato sopra è basato sulla trad i­zione orale, p iù che sui docum enti; ma è questo certo un punto che dovrebbe essere messo in luce.

L ’autrice di « B lessed is thè M atch » si pone ripetu tam ente il quesito se con un’azione p iù sistem atica da parte d e ­gli A lleati alm eno una parte degli E- b re i avrebbe potuto essere salvata dal­lo sterm inio. « F ino a ll’agosto del 1942, nessuno nel m ondo esterno sapeva e- sattam ente ciò che andava succedendo «itegli E brei in E uropa. I l continente era erm eticam ente chiuso e non trap e ­

lavano in m odo veruno notizie circa i l funzionam ento del program m a nazi­sta di sterm inio » (pag. 15). In realtà se questo consisteva « nel m assacro di10 m ilion i d i persone, cioè la com ples­siva popolazione ebraica dell’Europa, Russia com presa », la sua attuazione era necessariam ente graduale. Una pe r­cezione im m ediata da parte degli E brei del m assacro, cui andavano incontro, ne avrebbe provocato la sollevazione. « V ennero pertan to posti due o b b ietti­v i: gli E brei dovevano essere suddivisi in gruppi facilm ente co n tro llab ili; e si doveva assolutam ente im pedire che ve­nissero a conoscenza dello sterm inio previsto pe r uno stadio successivo » (p. 148). La creazione dei ghetti — quel­lo di V arsavia con 400.000 ab itan ti ven­ne costituito il 16 o ttobre 1940 — fu11 prim o passo; vennero po i il tra ­sferim ento dai ghetti, e da ll’E uropa Oc­cidentale ai cam pi di elim inazione. Sostanzialm ente il vero sterm inio co­m inciò nel secondo sem estre del 1942.

Ciò non deve apparire strano pe r chi conosce la fredda m etodicità d im ostra­ta in ogni cam po dai nazisti. Sorpren­de invece il fatto che questi conduces­sero delle trattative con gli E b re i: l’in ­terrogativo che ci si deve po rre è se ta li negoziati fossero m ossi dal desi­derio di guadagnare tem po o fosse in ­tenzione nazista di consentire qualche salvataggio. Nel 1939 e 1940 si ebbero le p rim e trattative p e r u n ’em igrazione in massa coll’I. S. A. F u eh re r Eichm ann, capo della Sezione Ebraica in G erm ania e p iù ta rd i anche nei paesi occupati (pag. 91 e segg.) ma queste fa llirono m iseram ente p e r la scarsa com prensione dim ostrata dalle potenze alleate. A lla fine del 1942 a ltri negoziati furono a- perti in Slovacchia col governatore te­desco, W illy von W islitzeny. Q uesti si d ichiarò disposto (pag. 105) a fa r ces­sare deportazioni ed esecuzioni in E u­ropa, escludendo però G erm ania e P o ­lonia, ove il processo di sterm inio non

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poteva essere arrestato. Occorre pagare 2 m ilion i di d o lla ri: « in a ltre parole, la vita di circa 1 m ilione di E brei po­teva essere acquistata pe r 2 m ilioni di dollari, cioè si poteva riscattare la v i­ta di u n Ebreo per poco p iù di 2 dol­lari ». Tale proposta venne resp in ta « p e rch è fo rn ire -v a lu ta pregiata ai n a ­zisti avrebbe significato a iu tare il ne­mico ». È interessante rilevare che nel corso delie trattative le deportazioni vennero sospese, com e al loro fa llim en­to von W islitzeny restitu ì gli 80.000 dollari che gli erano stati fo rn iti come cauzione.

W illy von W islitzeny e Eielim ann r i­com paiono in a ltre negoziazioni in iz ia ­te a B udapest alla fine di m arzo 1944. Dopo laboriose discussioni E ichm ann dichiarò che avrebbe perm esso (pag. 119) l ’em igrazione di 1 m ilione di Ebrei dai te rr ito ri occupati della G erm ania in

cam bio di 10.000 autocarri, carich i di generi a lim entari e di sapone: gli au ­tocarri sarebbero stali im piegati solo sul F ron te orientale. Cioè « W are fiir Bliit, Bliit fiir W are » (m erci contro sangue; sangue contro m erci). Venne inviato al Cairo un em issario, B randt, uno dei capi del sionism o in U ngheria. Anche queste proposte vennero respinte. Ognuna delle condizioni poste costitu i­va un ostacolo quasi insorm ontabile , o m eglio sulle considerazioni um an itarie prevalsero i fredd i calcoli della guerra economica.

Ma questa considerazione porla forse lontano dalle vicende della lo tta eb ra i­ca, di cui il libro della Syrkin ci pare m etta in giusto rilievo il notevole in ­teresse. Si deve pertan to auspicare d ie , a quest’opera ne seguano a ltre p iù r i­gorosam ente storiche e sistem atiche.

G iandomenico Cosmo

Non distruggete e non lasciate d isperdere docum enti del m ovi­m ento di liberazione in vostro possesso. Inv ia te li a ll’Istitu to N azionale p e r la Storia del M ovim ento di L iberazione in I ta lia che ne curerà la custodia e la conservazione. -

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