presentazione 17novembre 2015 def - unibg · 2016. 3. 31. · 1 presentazione+acuradi+silvia...
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Presentazione a cura di Silvia Brena, Ivo Lizzola, Alberto Ghidini
Università degli Studi di Bergamo – Dipar7mento di Scienze Umane e Sociali
Ca;edra di Pedagogia della marginalità e dei diri? umani – Prof. Ivo Lizzola
Proge;o di ricerca “La scuola in carcere”
La scuola in carcere. La scuola di libertà.
17 novembre 2015
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Perchè una ricerca sulla “scuola in carcere?
La scuola in carcere
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Le domande di ricerca • La scuola in carcere: i suoi significaJ e le sue modalità organizzaJve specifiche (se?ng, scelte pedagogiche e dida?che, legame con altre a?vità, ecc) • La scuola e le sue capacità di inclusione (cosa viene a;eso, cercato da parte dei detenuJ nel lavoro svolto? Quali funzioni assume rispe;o alle competenze e al lavoro su di sè?)
• La scuola come luogo di rielaborazione della colpa e della pena, come spazio di responsabilità e di risca;o (come emergono nelle a?vità e in riferimento ai contenuJ disciplinari? Come la scuola fa incontrare “il fuori” favorendo dialoghi riparaJvi?)
La scuola in carcere
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SoggeD e luoghi • Casa circondariale di Bergamo
• Staff di ricerca Prof. Ivo Lizzola ricercatori: do;.ssa Silvia Brena, do;. Alberto Ghidini ricercatori JrocinanJ: Sabrina Pauzzi e Lara Granelli (Scienze pedagogiche), Luigi Mucelli (Scienze dell’educazione)
• Gli studenJ detenuJ, La Direzione , gli insegnanJ, i
responsabili di area della Casa circondariale di Bergamo
La scuola in carcere
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La metodologia • Metodologia qualitaJva
• Come abbiamo raccolto i daJ: -‐ 4 incontri di ricerca-‐formazione con i docenJ -‐ osservazione partecipante in classe (8 sessioni per 3 classi) -‐ 9 interviste a tesJmoni privilegiaJ -‐ focus group con gli studenJ detenuJ (3 focus per 6 gruppi classe)
La scuola in carcere
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Le domande per oggi
A;enzione alle specifità del contesto culturale, organizzaJvo, isJtuzionale della scuola in carcere ma…
Cosa può dire questa ricerca ai docenJ che insegnano nelle
scuole?
Come interroga il loro posizionamento, il loro ruolo e la dida?ca?
Come interroga il mandato isJtuzionale della scuola?
La scuola in carcere
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Le specificità della scuola in carcere
• È in carcere: stru;ura detenJva di controllo totale, segnata da dipendenze e passivizzazione.
• É CTP autonomo. • Ristre;ezza di mezzi e stru;ure. • Alto turn over studenJ detenuJ (cfr. casa circondariale) • Classi interce;ate:
La scuola in carcere
Circondariale Penale Femminile
Corso di alfabeJzzazione Un corso
Un corso di scuola secondaria di primo grado
Un corso scuola secondaria di primo grado
Biennio secondaria di secondo grado
Biennio secondaria di secondo grado
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Le specificità della scuola in carcere
• StudenJ detenuJ adulJà educazione degli adulJ • StudenJ detenuJ: “gli ulJmi degli ulJmi” (difficoltà a
lavorare su contenuJ complessi con persone molto compromesse)
• Variegazioni nazionali (aspe? culturali specifici) • Offerta formaJva per le “tante carceri”: femminile,
prote?, penale, circondariale, ecc. Modello organizzaJvo flessibile
• Una rete piu;osto viva con il territorio
La scuola in carcere
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Elaborazione dei daJ raccolJ
convergenza entro tre dimensioni:
mo7vazionale, didaDca, relazionale (all’interno di ognuna si sono individuate delle
categorie ricorrenJ)
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Dimensione mo7vazionale
La scuola assume la funzione di possibile percorso di elaborazione e risca;o rispe;o ai propri insuccessi formaJvi, fa intravvedere possibilità “altre” rispe;o a quelle “mancate” in passato. Spazio di assunzione di responsabilità, di impegno e di “scelta” nei confronJ di se stessi, delle famiglie, degli insegnanJ, dell’isJtuzione. I docenJ sostengono la moJvazione incenJvare e valorizzare la scoperta di nuove risorse: fiducia e richiesta di impegno e costanza.
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Dimensione mo7vazionale
Un nuovo inizio. La possibilità che la vita intraprenda una nuova direzione e
divenJ “produ?va” in un nuovo orizzonte di significato, slegato dalla precedente “carriera deviante”
“Per qualcuno c’è la volontà di risca4arsi nei confron6 della società provando a riguadagnarsi una credibilità sociale”. (intervistato) “Il detenuto ‘fa il detenuto’, perciò quello che viene proposto nel percorso tra4amentale, in vista anche soltanto di un'occupazione del tempo, la interpreta come un modo per ‘acquisire pun6’. Dipende in cosa si trasforma”. (intervistato)
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Dimensione mo7vazionale
Assunzione di protagonismo L’a?vità scolasJca contro la passività detenJva: l’esperienza della scuola in carcere può consenJre di esercitare il diri;o alla
“libertà della psiche”
La scuola chiama gli studenJ a un impegno a?vo e responsabile a fronte del disimpegno e della passivizzazione indo? dal contesto detenJvo. (osservazioni) “Un detenuto che sta frequentando il quinto anno della scuola superiore e ha chiesto di parlare con me perchè era preoccupato, perchè finisce la pena nel mese di aprile, e non sapeva come terminare l'anno scolas6co, non si preoccupava dei soli6 desideri che una persona che è stata detenuta per lungo tempo ha, ma piu4osto di come terminare il suo percorso di studi”. (intervistato)
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Dimensione mo7vazionale
“Niente scon7” La scuola richiede impegno e costanza e i docenJ cercano di avere un approccio “esigente” che tenga però conto delle
condizioni psico-‐fisiche degli studenJ detenuJ
Gli insegnanJ sono spesso esigenJ nei confronJ degli studenJ: chiedono loro impegno durante le a?vità e costanza nella frequentazione scolasJca. (osservazioni) “Oggi difficilmente noi troviamo uno studente detenuto che frequenta la scuola solo per evitare di stare in cella. Un detenuto che frequenta la scuola viene controllato in termini di comportamento scolas6co, e la scuola invita e s6mola tuJ i detenu6 a frequentare la scuola in maniera seria”. (intervistato)
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Dimensione didaDca
Innovazione non tanto nelle strategie, negli strumenJ e nelle forme dida?che quanto nella relazione tra contenu7 disciplinari, rielaborazione di elemen7 biografici e le;ure del contesto. Perno della dida?ca relazione tra docenJ e studenJ detenuJ: più sullo sfondo la ques7one dei metodi e degli strumen7 àrelaJva sperimentazione di strumenJ diversi su cui spesso l’educazione e la formazione degli adulJ si muovono.
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Dimensione didaDca
Mediazione I contenuJ dida?ci come ponte e “protezione” nei confronJ di
passato, presente e futuro La dimensione dida?ca perme;e di riferirsi e di affrontare in un contesto prote;o argomenJ riguardanJ la propria biografia (crimine, fuga, colpa, rabbia, ingiusJzia, sconfi;a, perdita…) (osservazioni) L'insegnante, prendendo spunto dai contenuJ disciplinari, “suggerisce” strategie d'azione, modalità per reagire/”reggere” alla/nella propria condizione di vita (osservazioni)
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Dimensione didaDca
Consapevolezza Scoperta e/o riscoperta delle proprie risorse, capacità e
debolezze La dida?ca, con la sua diale?ca fra apprendimento, esercitazione e valutazione, favorisce la scoperta e/o la ria?vazione di capacità e risorse personali, oltre che la consapevolezza dei propri punJ di debolezza. “La scuola è l’occasione di approfondimento di argomen6 e ampliamento vedute e ripensamento di sé”. (intervistata)
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Dimensione didaDca
Apprendimen7 e competenze La scuola può consenJre un “recupero” di conoscenze perdute in passato e la maturazione di abilità e competenze inedite.
“Ci sono visioni e usi diversi a seconda dei bisogni: chi deve avviarsi alla lingua italiana.., chi vuole recuperare un minimo di scolarizzazione…., chi vuole recuperare aspeJ espressivi…” (intervistato) “Non è necessariamente legata a un obieJvo professionalizzante bensì legata alla scoperta di nuove potenzialità. Il grosso lavoro scolas6co consiste nel creare competenze trasversali “. (intervistato)
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Dimensione relazionale
La dimensione relazionale à il rapporto tra insegnanJ e studenJ detenuJ cosJtuisce una sorta di “sfondo integratore” sul quale prende forma la scuola in carcere. Tale specificità come elemento che perme;e alla scuola di trasformarsi uno “spazio di libertà”.
La scuola in carcere
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Dimensione relazionale
Personalizzazione La persona viene considerata prima studente che detenuto
La relazione insegnante-‐allievo perme;e la valorizzazione della persona in quanto studente, impedendone il livellamento come detenuto; inoltre, non è raro che gli insegnanJ manifesJno interesse e/o preoccupazione nei confronJ di assenze e/o malesseri degli studenJ. (osservazioni)
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Dimensione relazionale
Intergenerazionalità e intercultura Confronto su esperienze e punJ di vista diversi per generazione
e cultura
“C’è la facilitazione nel conta4o tra etnie (in passato si picchiavano ora solo ba4ute)”. (intervistato) “La lingua è importante non solo per assolvere ad un bisogno comunica6vo generico ma poter accedere a inserimento lavora6vo e sociale” (intervistato) “Abbiamo notato un abbaJmento del livello confli4uale tra detenu6 che vanno a scuola…” (intervistato)
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Dimensione relazionale
Lo specifico relazionale con gli insegnan7 Relazioni segnate da libertà e assenza di giudizio
“La relazione è più libera perché ‘uno può dire quello che pensa senza paura di rovinare una posizione’ ” (intervistata). “Quando viene a colloquio, magari ha soggezione ed è viJma della 6midezza; mentre in un contesto differente come quello della classe dove si trova in mezzo ad altri detenu6, con un insegnante che riesce a s6molarlo in modo diverso, dove la presenza è quo6diana allora la 6midezza è abba4uta, rende disponibili all'osservazione dell'insegnante”. (intervistata)
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Conclusioni...e rilanci
La scuola in carcere pone quesJoni radicali:
La scuola (nel passato) per molJ è stata esperienza di fallimento, di esclusione, colJvazione di senso di inadeguatezza, di fra;ura
e di avvio della carriera deviante.
E’ la scuola come isJtuzione che necessita di risca;o, non solo gli studenJ detenuJ?
La scuola in carcere (può) diventa(re) nuovo luogo di socialità, di
valorizzazione, di ri-‐costruzione di “pa;o sociale” in una prospe?va riparaJva.
La scuola in carcere