belen di compostela belÉn de compostela o … · 2016. 3. 28. · padres y abuelos, pecado contra...

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1 BELEN DI COMPOSTELA O COMPONTIGLIELE COME PUOI, BELEN Non scrivo per chi mi sfugge, né per chi mi dice che “se io sono un genio”, o che “io ho la mia verità e lui la sua”, o che se “tengo sempre qualcosa a insegnare”, o mi minaccia con un “fa attenzione!”, e meno per chi, rivestito di autorità, viene, quando meno poso aspettarlo, e mi colpisce il naso, una cosa per la quale io non sono autorizzato in senso inverso, poiché non sono Vescovo né Cardinale. Quanto scrivo, sia per coloro con chi posso dialogare e scherzare in piano di uguaglianza e senza paura a soprassalti. Ebbene, questo è il mio discorso di oggi: Da alcuni anni fa, i Papi della Santa Madre Chiesa hanno presso l’abitudine di domandare perdono per tanti peccati commessi e, alla fine, perfino si colpiscono il petto per quelli degli spagnoli nelle Americhe. Molto bene, ma sebbene il carro segua la sua marcia, da tutti trascinato e tutti travolgendo, alzerò la mia voce in un grido anti ideologico di ATTENZIONE! Perché anche si potrebbe aspettare che un giorno domandino perdono per i peccati della Chiesa Romana contro la Spagna e gli spagnoli; ad esempio, e senza uscire della tematica già trattata da tempo: Quel di avere rubato a noi il nostro “Rito Ispanico” a spese de Romano; quel di avere spronato a vescovi e re della Spagna alla intransigenza di fronte ai giudei e agli “eterodossi”; quel di associarsi a chi vogliono “latinizzare” L’Ispanoamerica, dopo averle dato la Spagna il maggiore nume di figli, che pregano in spagnolo. E sull’argomento del nostro titolo, quel di farci dimenticare il nostro “Antico Testamento” spagnolo, che è qualcosa simile ad avere assassinato ai nostri padri e noni, un peccato contro il 7º, l’ 8º, il 5º e il 4º comandamento. BELÉN DE COMPOSTELA O COMPÓNTELAS COMO PUEDAS, BELÉN No escribo para quien me huye, ni para quien me dice que “si soy un genio”, o que “yo tengo mi verdad y él la suya”, o que si “tengo siempre algo que enseñar”, o me amenaza con un “¡ten cuidado!”, y menos para quien, revestido de autoridad, cuando menos lo espero, viene y me rompe las narices, algo para lo que yo no estoy autorizado en sentido inverso, pues no soy obispo ni cardenal. Cuanto escribo, sea para aquellos con quienes puedo dialogar y bromear en plano de igualdad y sin miedo a sobresaltos. Pues bien, éste es mi discurso de hoy: De unos años a esta parte, los Papas de la Santa Madre Iglesia han cogido la costumbre de pedir perdón por tantos pecados cometidos y, al cabo, hasta se dan golpes de pecho por los de los españoles en las Américas. Pues muy bien, pero, aunque el carro siga su marcha, por todos arrastrado y a todos arrollando, alzaré mi vocecita en un grito anti ideológico de ¡ATENCIÓN! Porque también cabría esperar que un día pidan perdón por los pecados que la Iglesia Romana ha cometido contra España y los españoles; por ejemplo, y sin salirnos de asuntos ya tratados: El de habernos robado nuestro “Rito Hispánico” a costa del Romano; el de haber instado a los obispos y reyes de España a la intransigencia frente a judíos y “heterodoxos”; el de sumarse a la “latinización” de Hispanoamérica, tras haberle dado España el mayor número de hijos, que rezan en español. Y en relación al tema de nuestro título, el de habernos hecho olvidar nuestro “Antiguo Testamento” español, que es algo así como haber asesinado a nuestros padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el 5º y el 4º mandamiento.

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Page 1: BELEN DI COMPOSTELA BELÉN DE COMPOSTELA O … · 2016. 3. 28. · padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el 5º y el 4º mandamiento. 2 E come sul furto e la bugia già

1

BELEN DI COMPOSTELA

O COMPONTIGLIELE

COME PUOI, BELEN

Non scrivo per chi mi sfugge, né per chi mi

dice che “se io sono un genio”, o che “io ho la mia

verità e lui la sua”, o che se “tengo sempre qualcosa

a insegnare”, o mi minaccia con un “fa attenzione!”,

e meno per chi, rivestito di autorità, viene, quando

meno poso aspettarlo, e mi colpisce il naso, una cosa

per la quale io non sono autorizzato in senso inverso,

poiché non sono Vescovo né Cardinale. Quanto

scrivo, sia per coloro con chi posso dialogare e

scherzare in piano di uguaglianza e senza paura a

soprassalti. Ebbene, questo è il mio discorso di oggi:

Da alcuni anni fa, i Papi della Santa

Madre Chiesa hanno presso l’abitudine di

domandare perdono per tanti peccati

commessi e, alla fine, perfino si

colpiscono il petto per quelli degli spagnoli

nelle Americhe.

Molto bene, ma

sebbene il carro segua la sua

marcia, da tutti trascinato e

tutti travolgendo, alzerò la

mia voce in un grido anti

ideologico di ATTENZIONE!

Perché anche si

potrebbe aspettare che un

giorno domandino perdono

per i peccati della Chiesa

Romana contro la Spagna

e gli spagnoli; ad esempio,

e senza uscire della

tematica già trattata da

tempo: Quel di avere

rubato a noi il nostro “Rito Ispanico” a spese de

Romano; quel di avere spronato a vescovi e re

della Spagna alla intransigenza di fronte ai

giudei e agli “eterodossi”; quel di associarsi a

chi vogliono “latinizzare” L’Ispanoamerica, dopo

averle dato la Spagna il maggiore nume di figli,

che pregano in spagnolo. E sull’argomento del

nostro titolo, quel di farci dimenticare il nostro

“Antico Testamento” spagnolo, che è qualcosa

simile ad avere assassinato ai nostri padri e

noni, un peccato contro il 7º, l’ 8º, il 5º e il 4º

comandamento.

BELÉN DE COMPOSTELA

O COMPÓNTELAS COMO

PUEDAS, BELÉN

No escribo para quien me huye, ni para quien

me dice que “si soy un genio”, o que “yo tengo mi

verdad y él la suya”, o que si “tengo siempre algo

que enseñar”, o me amenaza con un “¡ten cuidado!”,

y menos para quien, revestido de autoridad, cuando

menos lo espero, viene y me rompe las narices, algo

para lo que yo no estoy autorizado en sentido

inverso, pues no soy obispo ni cardenal. Cuanto

escribo, sea para aquellos con quienes puedo

dialogar y bromear en plano de igualdad y sin miedo

a sobresaltos. Pues bien, éste es mi discurso de hoy:

De unos años a esta parte, los

Papas de la Santa Madre Iglesia han

cogido la costumbre de pedir perdón por

tantos pecados cometidos y, al cabo,

hasta se dan golpes de pecho por los de

los españoles en las Américas.

Pues muy bien,

pero, aunque el carro siga

su marcha, por todos

arrastrado y a todos

arrollando, alzaré mi

vocecita en un grito anti

ideológico de ¡ATENCIÓN!

Porque también

cabría esperar que un día

pidan perdón por los

pecados que la Iglesia

Romana ha cometido contra

España y los españoles; por

ejemplo, y sin salirnos de

asuntos ya tratados: El de

habernos robado nuestro “Rito Hispánico” a

costa del Romano; el de haber instado a los

obispos y reyes de España a la intransigencia

frente a judíos y “heterodoxos”; el de sumarse

a la “latinización” de Hispanoamérica, tras

haberle dado España el mayor número de hijos,

que rezan en español. Y en relación al tema de

nuestro título, el de habernos hecho olvidar

nuestro “Antiguo Testamento” español, que es

algo así como haber asesinado a nuestros

padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el

5º y el 4º mandamiento.

Page 2: BELEN DI COMPOSTELA BELÉN DE COMPOSTELA O … · 2016. 3. 28. · padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el 5º y el 4º mandamiento. 2 E come sul furto e la bugia già

2

E come sul furto e la bugia già ho parlato

in altri fori, mi spiegherò trattando di

presentare il corpo del delitto sull’ultimo

riferimento. Vediamo:

Per semplice inerzia storica e

senza saperlo, con soltanto la “vieira”

precettiva, i pellegrino cha fanno il

Camino de Santiago danno fede di un

fatto dimenticato che affonda le sue

radici storiche nella notte dei tempi.

Qual è questo fatto?

Ebbene, quel che la storia della nostra

specie -e quella della Spagna- ebbe il suo

Belén, o Presepio, nell’Oceano, proprio nella

regione cantabrica, al Nord della Penisola

Ispanica. Là incominciò il nostro percorso

I nostri antenati più remoti sapevano che

in quel luogo era nata “la vita”, fatto per il

quale, da decine, se non centine di miliardi di

anni, dei vecchi, paralizzati e acciaccosi

andavano in pellegrinaggio per morire, con la

speranza di resuscitare.

Chi sa queste cose?

Quattro gatti: Colui che lo

scoprì; io che l’ho imparato e tratto

d’insegnarlo; tu, lettore che mi

leggerai, e qualcun altro che per caso si trova

con esso. Gravissimo peccato quel di coloro che

vollero sotterrarlo per sempre! E anche quel di

coloro che non vogliono accorgersi di esso.

Sulla convinzione

che la vita era nata nel

riferito alluso, si fa eco

la mitologia greco-latina

quando fa sorgere la

mitica Afrodita=Venus

dalle acque dell’Oceano,

entro una barnagla,

conchiglia o “venera”,

frutto del seme del Astro

Re e la spiuma >

sperma marina, cosa che

gli indù dicono di Laksmì, consorte di Vishnù. È

per questo che, benché nemmeno i pellegrini lo

sappiano, la vieira continua a essere precettiva

nel “Camino di Santiago” e, con un po’

d’immaginazione, perfino possiamo vedere la

mitica Venus nella figura dell’apostolo.

Y como sobre el robo y la mentira ya he

hablado en otros foros, me explicaré tratando

de presentar el cuerpo del delito sobre la última

referencia. Veamos:

Por simple inercia histórica y

sin saberlo, con sólo la “vieira”

preceptiva, los peregrinos que hacen

el Camino de Santiago dan fe de un

hecho olvidado que hunde sus raíces

históricas en la noche de los

tiempos. ¿Cuál es este hecho?

Pues el de que la historia de nuestra

especie -y la de España- tuvo su Belén, o

Nacimiento, en el Océano, justo en la zona

cantábrica, al norte de la Península Hispánica.

Allí empezó nuestra andadura.

Nuestros antepasados más remotos

sabían que en tal lugar había nacido “la vida”,

por lo que, desde hace decenas de millares de

años, si no centenas, viejos, impedidos y

achacosos iban en peregrinación para morir,

con la esperanza de resucitar.

¿Quién sabe estas cosas?

Cuatro gatos: El que lo

descubrió; yo que lo aprendí y trato

de enseñarlo; tú, lector que me leerás,

y algún otro que por casualidad se topa con

ello. ¡Gravísimo pecado el de quienes quisieron

enterrárnoslo para siempre! Y también el de

quienes no quieren enterarse de ello.

Sobre la convicción

de que la vida había

nacido en el lugar

aludido, se hace eco la

mitología greco-latina

cuando hace surgir a la

mítica Afrodita=Venus de

las aguas del Océano,

dentro de una barnagla,

concha o vénera, fruto

del semen del Astro Rey

y la espuma > esperma marina,

algo que los hindúes dicen de Laksmí, consorte

de Vishnú. Por eso, aunque ni siquiera los

peregrinos lo sepan, la vieira sigue siendo

preceptiva en el camino de Santiago y, con un

poco de imaginación, hasta podemos ver a la

mítica Venus en la figura del apóstol.

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Suona questo a pagano?

Ebbene, da queste acque veniamo ed io

non posso rimediarlo. E se questo fosse così

cattivo, peggio è mettersi a giudice per lasciarci

nell’ignoranza. In ogni modo, e a dispetto gli

inquisitori, buono è trattare d’illustrare.

Benché anche ci si è nascosto, fino a 900

anni fa, il “Camino de Santiago” non conduceva

al Compostela di Galizia, ma a un altro

moltissimo più antico e un po’ più vicino, il

“Campo-Astella”, intorno ai “Pichi dell’Europa”,

Asturias, e che, a sua volta, evocava il

primigenio Campo dove si supponeva che era

caduto il seme dell’Astro (o il latte della Stella)

solare generatore della vita e dell’umanità.

Raggiungere quella meta legittimava i pellegrini

come “Figli di Dio”.

Questa nostra

affermazione viene

garantita, tra altre

cose, per la relazione

semantica Astro >

Astella > Asturias,

insieme alla tradizione

sulla tomba di

Sant’Yago che fu

trovata da un eremita chiamato Pelagio >

Pelayo là dove si era fermato un Astro o Stella

(in singolare). Ed è curioso che suo nome,

Pelayo, coincida con quel del mitico re che

aveva incominciato la Riconquista in Asturias.

Poiché saputa la tradizionale nemicizia tra

asturiani, cantabrici e vasconi e i visigotici,

soltanto la posteriore leggenda poteva fare Re

di Asturias un Pelayo visigotico. Annotiamo che

Pelayo, come padre delle Pleiade o delle stelle

della costellazione così chiamata, è un altro

nome del gigante Atlas, e qui abbiamo un altro

mitico personaggio de pura radice spagnola.

Dall’altra

parte, la Stella

Solare è quella

che creò il mondo

e diede origine alla

vita, secondo la

credenza dei nostri

antenati più

lontani, in un luogo

molto concreto.

¿Que esto suena a pagano?

Pues de estas aguas venimos y yo no lo

puedo remediar. Y si esto fuera tan malo, peor

es meterse a juez para dejarnos en la

ignorancia. De cualquier modo, y a despecho

de los inquisidores, bueno es tratar de ilustrar.

Aunque también se nos ha escondido,

hasta hace 900 años, el Camino de Santiago no

conducía al Compostela de Galicia, sino a otro

muchísimo más antiguo y algo más cercano, al

“Campo-Astella”, en torno a los Picos de

Europa, Asturias, que, a su vez, evocaba el

primigenio Campo donde se suponía que había

caído el semen del Astro (o la leche de la

Estrella) solar generador de la vida y de la

humanidad. Alcanzar aquella meta legitimaba a

los peregrinos como “Hijos de Dios”.

Nuestra afirmación viene avalada, entre

otras cosas, por la relación semántica Astro >

Astella > Asturias, junto con la tradición de que

la tumba de Sant’Yago la encontró el ermitaño

Pelagio > Pelayo allí donde se detuvo un Astro

o Estrella (en singular). Y es curioso que su

nombre, Pelayo, coincida con el del mítico Rey

que había empezado la Reconquista en

Asturias. Porque dada la tradicional inquina de

astures, cántabros y vascones contra los

visigodos, sólo una leyenda posterior pudo

hacer rey de Asturias a un Pelayo visigodo.

Cabe anotar que Pelayo, como padre de las

siete Pléyades o estrellas de la constelación así

llamada, es otro nombre del gigante

Atlas, y aquí tenemos otro mítico

personaje de pura cepa española.

Por la otra parte, la Estrella

Solar es la que creó el mundo y dio

origen a la vida, según la creencia

de nuestros antepasados más

remotos, en un lugar muy

concreto.

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Una replica di quel luogo primigenio, dopo

essere stato “annegato” l’originale, era a San

Bizente de Labarzera o Alabarzera,

castiglianizato come della Barquera

(Cantabria) che, se fosse maschile,

“Barquero” (barcaiolo), ci ricorderebbe

“Caronte”, o al non meno celebre

“San Cristoforo”, ambedue presti per

aiutare nel passaggio “all’altra riva”,

dopo il cammino della vita e, come

no, lo stesso San Pietro, con le chiavi

del Regno dei cieli.

Un’altra prova cha avalla le nostre

affermazioni è quella grande conchiglia che c’è

in ogni chiesa come pila battesimale, o la sua

imitazione in pietra o marmo, così come che

una conchiglia continui a essere l’istrumento

per il rito. D’altra parte, perfino gli stessi

Vangeli danno fede del battesimo come

anteriore a Gesù Cristo.

E, a giorno di oggi, anche ci sono delle

prove archeologiche, la più

importante, senza dubbio,

quella di un “Camposanto”

che lo tsunami del 2

febbraio 2014 fecce

affiorare a San Bizente de

Labarzera.

In effetti, Jorge María

Ribero-Meneses, (autore

che ispira questo mio

scritto) potette rincontrare

migliaia di teste scolpite in

sassi o in delle ossa

fossilizzate che erano

offerte come ex voti in

certo luogo sacro

posteriormente invaso dal mare. Le ceppaie

degli alberi che

altrove coprivano

quella superficie,

ancora rimangono

nel luogo e,

dall’analisi del suo

legno si potrà datare

l’antichità del

giacimento, il quale si

estima in decine, se

non centine di migliaia di anni.

Una réplica de aquel lugar primigenio,

tras haberse “anegado” el original, estaba en

San Bizente de Labarzera o

Alabarzera, castellanizado como de la

Barquera (Cantabria) que, si fuera

masculino, “Barquero”, nos

recordaría a “Caronte”, o al no

menos célebre “San Cristóbal”, listos

ambos para ayudar en el pasaje a la

“otra orilla”, tras el camino de la vida

y, cómo no, al mismo San Pedro, con

las llaves del Reino de los cielos.

Otra prueba que avala nuestras

afirmaciones es esa gran concha que hay en

todas las iglesias como pila bautismal, o su

imitación en piedra o mármol, así como que

una concha siga siendo el instrumento para el

rito. Por otra parte, hasta los mismos

evangelios dan fe del bautismo como anterior a

Jesucristo.

Y, a día de hoy, también hay pruebas

arqueológicas, la más importante

sin duda la de un

“Camposanto” que el

tsunami del 2 de febrero

del 2014 hizo aflorar en

San Bizente de

Labarzera.

En efecto, Jorge

María Ribero-Meneses

(autor que inspira este

escrito), pudo encontrar

millares de cabezas

esculpidas en guijarros o

en huesos fosilizados que

eran ofrecidas como

exvotos en cierto lugar

sacro invadido

posteriormente por el

mar. Los tocones de los

árboles que antaño

cubrían aquella superficie,

aún permanecen en el

lugar y, del análisis de su

madera se podrá datar la

antigüedad del

yacimiento, que ya se

estima en decenas, si no

en centenas de millares de años.

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D’altra parte, se la ragione degli antichi

pellegrinaggi era di arrivare dove si supponeva

erano le acque sacre per -vecchi, paralizzati,

ammalati o nauseati della vita- purificarsi prima

di morire, s’intuisce che l’Attuale Santiago di

Compostela non sia il luogo autentico, poiché

non sta nel “Finis terre” né sta nella riva.

Devo avvertire che, come chi conosce la

musica ma non la lettera della tavola a

moltiplicare, da molti anni fa avevo io oscure

idee sull’antica origine del Camino di Santiago.

Adesso, grazie a Jorge María, già conosco

qualcosa di più sulla “lettera” e, benché a chi mi

a insegnato queste cose gli si tacci di pazzo o

eterodosso, io non posso lasciare di mostragli la

mia gratitudine. Seguo:

Che importa però un San Vicente de la

Barquera di un Santiago de Compostela?

Forse non importerebbe tanto, se non

fosse per l’effetto “letale” che si pretendeva e

che si riuscì a fare con un inganno propiziato

sopra tutto dal famoso Vescovo Diego Gelmírez

chi, da forma arbitraria, se non fraudolenta,

s’inventò non so se la tomba del Apostolo

Santiago, ma certamente il suo Cammino,

lasciando alla posterità sommersa nell’oscuro

mistero che celava la sua reale entità e origine.

Perché si possono trovare discolpe, ma ecco

che là c’è l’obblio, se non fosse stato già da

molto prima, dopo il genocidio e la distruzione

fatti de Roma in Spagna.

E, da Santiago, andiamo a Belén

(Betlemme), che anche è parte del

cammino di approssimazione al

corpo del delitto.

Come se volesse fare revisione

della storia, il Papa Benedetto XVI ha

venuto a avallare, in modo indiretto -

e forse incosciente, che io non lo so-,

che il “Camino de Santiago” esiste,

non dal secolo XII, ma almeno dal

tempo dei “Re Magi”. Eco quello che

ha scritto nel suo libro “Gesù di

Nazareth”:

“La promessa contenuta in questi testi

(evangelici) allunga la provenienza di questi

uomini (I Re magi) fino allo stremo Occidente:

Tarsis, Tartessos, in Spagna”.

Por otra parte, si la razón de las

antiquísimas peregrinaciones era la de llegar a

lo que suponían aguas sagradas para -viejos,

paralíticos, enfermos o cansados de vivir-

purificarse antes de morir, se intuye que el

Actual Santiago de Compostela no es el lugar

auténtico, pues ni está en “Finisterre” ni está en

el litoral.

Debo advertir que, como quien conoce la

música pero no la letra de la tabla de

multiplicar, desde hacía muchos años tenía yo

oscuras noticias sobre el antiguo origen del

Camino de Santiago. Ahora, gracias a Jorge

María, sé algo más de “la letra” y, aunque a

quien me ha enseñado estas cosas se le tache

de loco o heterodoxo, yo no puedo dejar de

mostrarle mi gratitud. Sigo:

Pero, ¿qué más da un San Vicente de la

Barquera que un Santiago de Compostela?

Pues tal vez diera lo mismo, si no fuera

por el efecto “letal” que se pretendía y que se

logró con un engaño propiciado sobre todo por

el famoso Obispo Diego Gelmírez quien, de

forma arbitraria, si no fraudulenta, se inventó

no sé si la tumba del Apóstol Santiago, pero sí

su Camino, dejando a la posteridad sumida en

el oscuro misterio que celaba su real entidad y

origen. Porque se pueden buscar disculpas,

pero el olvido ahí está, si es que no estaba ya

desde mucho antes, tras el genocidio y

destrucción perpetrados por Roma en España.

Y, de Santiago, vamos a Belén, que

también es parte del camino de

aproximación al cuerpo del delito:

Como si quisiera revisar la

historia, el papa Benedicto XVI ha

venido a avalar, de forma indirecta

-y tal vez inconsciente, que yo no lo

sé-, que el “Camino de Santiago”

existe, no desde el s. XII, sino al

menos desde el tiempo de los

“Reyes Magos”. He aquí lo que

escribe en su libro “Jesús de

Nazaret”:

“La promesa contenida en estos textos

(evangélicos) extiende la proveniencia de estos

hombres (los Reyes Magos) hasta el extremo

Occidente: Tarsis, Tartessos, en España”.

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Conosciute i pellegrinaggi

al ”Campo-Astella”, dove

l’Astro o Stella generasse la

mitica Venus, sentire che i Re

Magi vengono della Spagna

(guidati dalla Stalla), ci porta a

pensare che questi Re formino

parte del mito spagnolo. E com’era spagnolo!

Per quanto i Re non esistono en nessun’altra

parte del mondo, salvo la Spagna e

L’Ispanoamerica. Nemmeno negli Evangeli.

Perché San Matteo parla dei “Sagi” o “Magi”,

ma per niente dei “Re”.

Soltanto che i nostri “Re Magi” non

provenivano dalla

Spagna, ma andavano

come pellegrini a qualche

Belén della Spagna, che

non a quel di Palestina.

Per questo continuano ad

essere i bambini spagnoli

e ispanoamericani, e non

quelli di Palestina né

quelli del resto del

mondo mondiale, coloro che scrivono le sue

lettere a queste “Sue Maestà”. Gli altri

s’intendono con Santa Klaus, Papà Noel o la

Befana, ma dei Re, forse in questi tempi di

globalizzazione incomincino ad avere una certa

idea. E coste che non serve la reciproca, perché

ancora ricordo “l’aguinaldo” che, per San Nicola

domandavamo i ragazzi nel mio paese,

Torresandino.

Ed è che negli altri paesi, il 6 Gennaio non

celebrano i Re Magi, ma “L’Epifania”, un nome

che, in Spagna, con l’eccezione dei preti e

qualche catechista, nessuno sa che cosa possa

significare. Poiché in Spagna la gente non

celebra la “Manifestazione” del Signore -che

questo significa Epifania, e di qua la Befana

italiana-, ma continua a festegiare, per inerzia

storica, il Nacimiento (la Nascita) della vita,

concretizzata, come già è stato insinuato, nella

mitica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,

Azina, Zibeles…, che tutti questi nomi ha. Non

per niente radicò in Spagna l’abitudine -dai

tempi di Carlo III- di celebrare la Pasqua

militare, lo stesso 6 Gennaio, con il precettivo

omaggio ai re e al Governo Spagnolo.

Conocidas las

peregrinaciones al “Campo-

Astella”, donde el Astro o Estrella

generara a la mítica Venus, oír

que los Reyes Magos vienen de

España (guiados por la Estrella),

nos lleva a pensar que tales Reyes forman

parte de un mito español. ¡Y vaya si es español!

Como que los Reyes no existen en ninguna otra

parte del mundo, salvo en España e

Hispanoamérica. Ni siquiera en los Evangelios;

porque San Mateo habla de unos “Sabios” o

“Magos”, pero nada de “Reyes”.

Sólo que nuestros “Reyes Magos” no

provenían de España,

sino que iban

peregrinos a algún

Belén de España, que

no al de Palestina. Por

eso siguen siendo los

niños españoles e

hispanoamericanos, y

no los de Palestina ni

los del resto del mundo

mundial, quienes escriben sus cartas a estas

“Sus Majestades”. Los otros se entienden con

Santa Klaus, Papá Noel o la Befana, pero de los

Reyes, tal vez en estos tiempos de globalización

empiecen a tener alguna idea. Y conste que no

vale la recíproca, porque aún recuerdo el

aguinaldo que, por san Nicolás, pedíamos los

niños en mi pueblo, Torresandino.

Y es que, en los demás países, el 6 de

enero no celebran los Reyes Magos, sino “La

Epifanía”, un nombre que, en España, salvo los

curas y algún que otro u otra catequista, nadie

sabe qué pueda significar. Porque en España la

gente no celebraba la “Manifestación” del Señor

-que eso significa Epifanía, y de aquí la Befana

italiana-, sino que sigue festejando, por inercia

histórica, el “Nacimiento” de la vida,

concretizada, como ya hemos insinuado, en la

mítica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,

Azina, Zibeles…, que todos estos nombres

tiene. No por nada arraigó en España la

costumbre -desde tiempos de Carlos III- de

celebrar la Pascua militar, el mismo 6 de enero,

con el preceptivo homenaje a los reyes y al

gobierno español.

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7

Quando la Santa Madre Chiesa ci ha fatto

dimenticare queste cose -l'ho detto tante volte-,

ha attuato come chi introduce in casa nostra il

bambino Gesù e butta dalla finestra l’inquilino.

Dunque, Santa Madre, questo non sta bene;

questo è un crimine. Non sarebbe stato meglio

santificare l’Antico Testamento spagnolo, come

si santificò qualcun altro? Non si poteva avere

fatto “Ecumenismo testamentario” in Spagna?

Poiché qui io non parlo della Cina. Continuiamo

però sulle tracce che provano il crimine:

Curiosamente, da Zibeles > Cibeles deriva

chavala (quasi celibe) che, secondo alcuna vec-

chia cronaca, è come i zingari chiamavano l’Eva

del mito giudaico. Cioè, che seguiamo puntando

il luogo primigenio che vide nascere l’umanità.

Notare anche la relazione tra il nome di

Zibeles > Cibeles, e la arena, sabbia o sable (in

spagnolo, italiano e francese) della spiaggia

dove nacque la mitica mogie e, con essa, la

civitas, la città, la civilizzazione… e la sapienza.

Di qua che la Palas Azines o Atenea, fosse a

dea greca della Sapienza, con patronato sulle

arti.

E perché sarà che nel centro

della Spagna, a Madrid, la

Cibeles ha il più bel monumento

del mondo a lei eretto? Ecco

un’altra prova dell’atavica

devozione a questa moglie

mitica del popolo spagnolo.

E perché fu la Spagna -e soltanto la

Spagna- quella creò un’Impero Cattolico e

civilizzò tutto un continente soltanto in 300

anni, a base di creare città nelle quali

s’integrava tutta classe di genti sotto il dominio

della Legge, nella convinzione

dell’unità morale del genero umano?

Ebbene, perché “buon sangue

non mente”, che ci sono cose che non

s’improvvisano dalla notte alla mattina.

Nel mio scritto “Quando

l’ignoranza è virtù”, do ragione di

alcune di queste cose. Devo però

annotare che, se i miei pregiudizi mi

portarono a considerare che l’impulso

civilizzatore della Spagna in America

era frutto dell’eredità romana, oggi do-

Haciéndonos olvidar estas cosas, la Santa

Madre Iglesia actuó -lo he dicho muchas veces-

como quien mete en nuestra casa al Niño Jesús

y tira al inquilino por la ventana. Pues eso no

está bien, Santa Madre; es un crimen. ¿No

habría sido mejor santificar el Antiguo

Testamento español, como se santificó algún

otro? ¿No se podía haber hecho “ecumenismo

testamentario” en España? Porque aquí yo no

hablo de la China. Pero sigamos rastreando

más pruebas del crimen:

Curiosamente, de Zibeles > Cibeles deriva

chavala (casi célibe) que, según alguna crónica

vieja, es como los gitanos llamaban a la Eva del

mito judío. O sea, que seguimos apuntando al

lugar primigenio que vio nacer a la humanidad.

Notar también la relación entre el nombre

de Zibeles > Cibeles, y la arena de la playa,

sabbia o sable (en italiano y francés) donde

nació la mítica primera mujer y, con ella, la

civitas, la ciudad, la civilización… y la sabiduría.

De ahí que la Palas Azines o Atenea, fuera la

diosa griega de la Sabiduría, con patrocinio

sobre las artes.

¿Y por qué será que en el

centro de España, en Madrid, la

Cibeles tiene el más hermoso

monumento del mundo a ella

erigido? He ahí otra prueba de la

atávica devoción a esta mítica

mujer del pueblo español.

¿Y por qué fue España -y sólo España- la

que creó un Imperio Católico y civilizó todo un

continente en tan solo 300 años, a base de

crear ciudades en las que se integraba toda

clase de gentes bajo el dominio de la Ley, en la

convicción de la unidad moral del

género humano?

Pues porque “de casta le

viene al galgo”, que hay cosas

que no se improvisan de la noche

a la mañana.

En mi escrito “Cuando la

ignorancia es virtud”, doy razón

de algunas de estas cosas. Pero

debo anotar que, si mis prejuicios

me llevaron a considerar que el

impulso civilizador de España en

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8

vrei rettificare, perché la cosa è proprio al

rovescio. In realtà, Roma si comportò in

Spagna come chi vuole insegnare a suo padre

a fare dei figli o al vasaio dei vasi. Mentre pe-

rò la Spagna seminava libertà, Roma ripartiva

schiavitù, e non soltanto distrusse, ma iniziò

il maggiore processo di amnesia che videro i se-

coli; mettete fine a una trasmissione multi mil-

lenaria con la tragica conseguenza di cancellare

la memoria storica di tutta l’umanità, fino a fare

quasi impossibile di tornare a

ricuperarla. Torniamo alla Cibele:

Per certo che, degno esempio

per altre mille, nella città di Messico

c’è una riproduzione esatta della

Cibele madrilegna. Perché?

Ebbene perché, sebbene non

manchino messicani “ben nati” che

“amano” la Spagna come alla “madre che ci

partorì”, che questo dicono alcuni, nessuno può

rinunciare alla genetica. Sparirebbe della map-

pa, proprio quello che volevano -e continuano a

volere- con voi, cari ispanoamericani, i vostri

“liberatori”: Atomizzare, disgregare, annullare.

E approfitto la disgiuntiva per tornare all’idea

iniziale di questo racconto:

Si continua a parlar della “distruzione

delle Indie” e si segnala agli spagnoli, però

nessuno dice che, proprio quelli che segnalano

con il dito, furono coloro che distrussero e

annichilarono.

Chi domanderà perdono alla Spagna per

tante calunnie in contro suo?

Per il contrario, Roma passò alla storia

come civilizzata e civilizzatrice benché, se

avesse individuato il registro toponimico, che

si è rivelato come

il codice genetico

della storia de

l’umanità -che

qualcuno è stato

capace di

decifrare-, perfino

i monti avrebbero

rovinato gli uni…

o l’avrebbero -gli

altri- dichiarati

eretici. Santa Madre Chiesa Romana! Santo Dio!

América era fruto de la herencia romana,

hoy debería rectificar, porque es justo al

revés. En realidad, Roma se comportó en

España como quien quiere enseñar a su

padre a hacer hijos, o al botijero botijos.

Pero mientras España sembraba libertad,

Roma repartía esclavitud, y no sólo destruyó si-

no que inició el mayor proceso de amnesia que

vieron los siglos; puso fin a una trasmisión cul-

tural multimilenaria con la trágica consecuencia

de borrar la memoria histórica

de toda la humanidad, hasta

hacer casi imposible volverla a

recuperar. Volvamos a la

Cibeles:

Por cierto que, digno

ejemplo para otras mil, en

Méjico ciudad hay una

reproducción exacta de la

Cibeles madrileña. ¿Por qué?

Pues porque, aunque no faltan mejicanos

“bien nacidos” que “aman” a España como a “la

madre que nos parió”, que dicen algunos, nadie

puede renunciar a la genética. Desaparecería

del mapa, justo lo que querían -y siguen

queriendo- hacer con vosotros, queridos

hispanoamericanos, vuestros “liberadores”:

Atomizar, disgregar y anular. Y aprovecho la

disyuntiva para volver a la idea inicial de este

relato:

Se sigue hablando de la “destrucción de

las Indias” y se señala a los españoles, pero

nadie dice que, justo los que señalan con el

dedo, fueron los que destruyeron y aniquilaron.

¿Quién pedirá perdón a España por tantas

calumnias en su contra?

Por el contrario,

Roma pasó a la historia

como civilizada y

civilizadora aunque, si

hubiera detectado el

registro toponímico, que

se ha revelado como el código genético de

la historia de la humanidad -que alguien

ha sido capaz de desentrañar-, hasta los

montes habrían arrasado unos… o los

habrían -otros- declarado herejes. ¡Santa

Madre Iglesia Romana! ¡Santo Dios!

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9

Ma se Dio non risponde, e per questo al-

cuni dicono che non esiste, che cosa potremmo

pensare il resto da una Chiesa che tace?

Aggiungerò, in onore dell’autore che l’ha

scoperto, che forse quel della linguistica sia

l’unico metodo fidabile di approssimazione alla

storia, tante volte tramessa, e anche scritta,

dalla convenienza o il rammendo

politico da ogni momento storico.

Continuiamo però il nostro

cammino, che dobbiamo arrivare

a Belén, perché altrimenti, chi

canterà nel presepio se

nessun’altro, salvo gli spagnoli, sa

che cosa sia un “villancico”?

A quello già segnalato si deve aggiungere

l’ingente quantità di toponimi spagnoli

relazionati con Belén. Ad esempio: Belén (in

Cáceres, León, Portogallo, Ispanoamerica…),

Bailén, Valencia, Palencia, Palatino, valles e

villas, polis e polas, Valle de Polaziones (vicino

a Liébana), Beleño, Belonzio, Belanga,

(¿Berlanga?), Beloña…

Da tutto questo s’inferisce che il

Betlemme palestino dove San Matteo situa la

nascita di Cristo è una copia che, come tutte le

altre, ci rimanda al luogo primigenio dove si

supponeva era caduto il seme di Dio per dare

origine all’umanità.

Perché ci vuole avere conto che anche

Belén deriva di Ballanzia, il primigenio nome

della mitica prima moglie nata nella barnagla,

secondo questo schema: Ballanzia > Balencia >

Belén, come anche l’ateniese Palla > Palas o

Políada, cioè, Palas Atenea, la stessa

protagonista del primigenio Belén.

Benché però San Matteo

traslatasse dal Nord della Spagna

al Belén palestinese il destino dei

“Saggi di Oriente” (Mt 2,1ss), e

tutti credono che lo scopo del suo

viaggio era il detto piccolo paese

di Palestina, il racconto affonda le

sue radici nella più remota

antichità cantabrica e da ragione

dei pellegrinaggi al Compostela

asturiano-cantabrico, dove l’Astro o Stella

Solare aveva dato origine alla vita.

Pero si Dios no responde, y por eso

algunos dicen que no existe, ¿qué podremos

pensar el resto de una Iglesia que calla?

Añadiré, en honor del autor que lo

descubrió, que tal vez el de la lingüística sea el

único método fiable de aproximación a la

historia, tantas veces transmitida, e incluso

escrita, desde la conveniencia o el apaño

político de cada momento histórico.

Pero sigamos nuestro cami-

no, que debemos llegar a Belén

porque, si no, ¿quién cantará en el

portal si nadie, salvo los españoles,

sabe qué es un villancico?

A lo ya dicho hay que añadir la

ingente cantidad de topónimos

españoles relacionados con Belén. Por ejemplo:

Belén (en Cáceres, León, Portugal,

Hispanoamérica…), Bailén, Valencia, Palencia,

Palatino, valles y villas, polis y polas, Valle de

Polaziones (cerca de Liébana), Beleño,

Belonzio, Belanga, (¿Berlanga?), Beloña…

De esto se infiere que el Bethlehem

palestino donde San Mateo sitúa el nacimiento

de Cristo es una copia que, como las demás,

nos remite al lugar primigenio donde se suponía

que había caído el semen de Dios para dar

origen a la humanidad.

Porque hay que tener en cuenta que

también Belén deriva de Ballanzia, el primigenio

nombre de la mítica primera mujer nacida en la

barnagla, según este esquema: Ballanzia >

Balencia > Belén, como también la ateniense

Palla > Palas o Políada, o sea, Palas Atenea, la

misma protagonista del primigenio Belén.

Pero aunque San Mateo

trasladara del norte de España

al Belén palestino el destino

de los “Sabios de Oriente” (Mt

2,1ss), y todos creen que el

objetivo de su viaje era dicho

pueblo de Palestina, el relato

hunde sus raíces en la más

remota antigüedad cántabra

y da razón de las

peregrinaciones al

Compostela asturiano-cántabro donde el Astro

o Estrella Solar había dado origen a la vida.

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Questo vuole dire che, se nell’attualità il

beleni (presepi) sono il marco scenico

dove si rappresenta la

nascita di Cristo, nel

nostro “Antico Testa-

mento” rappresentava-

no la nascita della vita,

concretizzata nella

mitica moglie-dea

Ballanzia, Minerva,

Venus, Palas Atenea…

Diciamo, infine, a

discarico di San Matteo, che il suo equivoco si è

dovuto al fatto che il nome di Palestina -come

anche quel di Filistea- risponde letteralmente a

quel di Palas Atenea ed è chiaro: nel momento

che localizzò là vicino il paese di Belén, là

sistemò il Portalo (presepio) o, quello che è lo

stesso, aprì la Porta per la quale fece entrare il

Bambino Gesù, benché a spese che qualcuno

buttare dalla finestra alla nostra Ballanzia

veterotestamentaria. Ecco il crimine! Poiché

come Adamo ed Eva, quello che la nostra mitica

moglie necessitava era redenzione, non la pena

di morte esecutata nell’oblio.

Comunque, piuttosto che un equivoco a

discolpare, il caso di Matteo, in quanto tale, è

un chiaro esempio di genialità a

ringraziare. Perché?

Ebbene, perché fu un modo di

confrontarsi ai capetti giudei che,

investiti di autorità -e di

arbitrarietà- decidevano quale

racconto era puro mito e qual altro

no, o quale fosse vero e quale

falso, quale verità e quale bugia,

quale valido e laudabile e quale invalido e

condannabile; capetti con autorità -e

arbitrarietà- per decidere condannare un

innocente come fu il caso di Gesù…

E dico che il mito intorno all’infanzia di

Gesù di San Matteo fu una genialità perché fu

un modo di dire a tanto capetti che c’erano altri

più capaci di loro, benché senza tanta autorità

ne capacità arbitraria, per creare miti a favore

dell’innocente che avevano portato in croce –

salvo che questo anche sia mito, perdona Jorge

Maria-, e incluso per creare una religione

intorno allo stesso che avevano condannato.

O sea que, si en la actualidad los belenes

son el marco escénico donde se representa el

nacimiento de Cristo, en

nuestro “Antiguo Testa-

mento” representaban el

nacimiento de la vida,

concretizada en la mítica

mujer-diosa Ballanzia,

Minerva, Venus, Palas

Atenea…

Digamos en fin, en

descargo de San Mateo, que su

equívoco se debió a que el nombre de Palestina

-lo mismo que el de Filistea- responde

literalmente al de Palas Atenea y, claro, en

cuanto localizó por allí cerca el pueblo de Belén,

allá instaló el Portal o, lo que es lo mismo, abrió

la Puerta por la que nos coló al Niño Jesús, aun

a costa de que alguien lanzara por la ventana a

nuestra Ballanzia veterotestamentaria. ¡El

crimen! Porque, como Adán y Eva, lo que

nuestra mítica mujer necesitaba era redención,

no la pena de muerte ejecutada en el olvido.

Pero cabe reconocer que, más que un

equívoco a disculpar, el caso de Mateo, en

cuanto tal, es un ejemplo de genialidad a

agradecer. ¿Por qué?

Pues porque fue un modo

de enfrentarse a los capitostes

judíos que, investidos de

autoridad -y de arbitrariedad-

decidían qué relato era puro

mito y qué otro no, o qué fuera

verdadero y qué falso, qué

verdad y qué mentira, qué

válido y laudable y qué inválido

y condenable; capitostes con autoridad -y

arbitrariedad- para decidir condenar a un

inocente como fue el caso de Jesús…

Y digo que el mito en torno a la infancia

de Jesús de San Matero fue una genialidad

porque fue un modo de decir a tanto capitoste

que había otros más capaces que ellos, aun sin

tanta autoridad ni capacidad arbitraria, para

crear mitos a favor del inocente que habían

llevado a la cruz -salvo que esto también sea

un mito, perdona Jorge María-, e incluso para

crear una religión en torno al mismo a quien

habían condenado.

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11

Peccato che la Chiesa, nella società che lo

stesso Matteo propiziasse, anche si eressero

capetti capaci di serrare le file intorno a se

stessi, alle sue leggi, alle sue discipline; capaci

di promettersi obbedienza gli uni gli altri per

dimenticare di obbedire Dio; freschi a

dogmatizzare, a giudicare e a condannare

secondo il suo criterio o quel dei suoi interessi,

lasciando da parte il previo giudizio di Dio;

capetti, nel nostro caso, inventori di “bugie

pietose” o supposte verità per nascondere, tra

altre, la verità storica.

Mi dispiace, ma una bugia è sempre una

bugia e, né con lo Spirito Santo sopra la

Madonna e gli Apostoli, questo tipo di arte può

essere d’ispirazione divina. Benché sia a baci,

un assassinato sempre è un assassinato e, per

quanto si riferisce alla nostra tematica, per

molto laudabile che possa essere avere

consacrato il mito del Belén cristiano,

reprensibile è avere sotterrato le

fonti che lo hanno originato.

E, se “dove le danno, le

prendono”, ecco perché anche

Mohamed si sentì autorizzato per

inventare una religione, a spese dei giudei e dei

cristiani. Comunque, credo che questo caso sia

un po’ diverso di quel di Matteo, poiché mentre

l’uno cercava la liberazione della “Legge”, l’altro

cercava, e riuscì a imporre una schiavitù ancora

più accentuata, se possibile. Peccato, che

queste cose non siano privative dell’islam e del

giudaismo; perché potrei mettere alcuni esempi

di certi “ministri” della Santa Chiesa -con nome

e cognome- che usano del suo “ministero”

piuttosto per soggiogare che per servire. Per

questo non è raro che anche ci siano coloro

che seguano il riferito proverbio e dicano:

“Amico, se tu ti senti libero per il despo-

tismo, io mi sento libero per prescindere dei

tuoi servici, e per calpestare serpenti e

scorpioni, proprio quello che tu sei dall’ar-

bitrarietà”. Una libertà questa abbastanza

difficile in altri ambiti a dispetto che Dio

abbia creato l’uomo non “sottomesso”, ma

libero. Torniamo però al nostro assunto,

poiché ancora dobbiamo tentare di arrivare

al primigenio Belén, il luogo proprio dove si

celebrò la primigenia Natività.

Lástima que en la Iglesia, la sociedad que

el mismo San Mateo propiciara, también se

erigieran capitostes capaces de cerrar filas en

torno a sí mismos, a sus leyes, a sus

disciplinas; capaces de prometerse obediencia

unos a otros para olvidar obedecer a Dios;

listos a dogmatizar, a juzgar y a condenar

según su criterio o el de sus intereses,

ladeando el previo juicio de Dios; capitostes, en

nuestro caso, inventores de “mentiras

piadosas” o supuestas verdades para esconder,

entre otras, la verdad histórica.

Pues lo siento, pero una mentira es

siempre una mentira y, ni con el Espíritu Santo

sobre la Virgen y los Apóstoles, este tipo de

arte puede ser de inspiración divina. Aunque

sea a besos, un asesinato siempre es un

asesinato y, en lo referente a nuestro tema, por

muy laudable que pueda ser haber consagrado

el mito del Belén cristiano, reprensible es haber

soterrado las fuentes que lo originaron.

Y, si “donde las dan, las

toman”, he ahí por qué Mahoma se

sintió autorizado a inventarse una

religión, a costa de judíos y cristianos.

Con todo, creo que este caso es algo

distinto del de Mateo porque, mientras el uno

buscaba la liberación de la “Ley”, el otro

buscaba, y logró, una esclavitud más

acentuada, si cabe. Lástima que estas cosas no

sean privativas del islam y del judaísmo; porque

podría poner algunos ejemplos de ciertos

“ministros” de la Santa Iglesia -con nombres y

apellidos- que utilizan su “ministerio” más para

avasallar que para servir. Por eso no es raro

que haya quien siga el referido refrán y diga:

“Amigo, si tú te sientes libre para el

despotismo, yo me siento libre para

prescindir de tus servicios, y para

pisotear serpientes y escorpiones,

justo lo que tú eres desde la

arbitrariedad”. Una libertad, ésta,

harto difícil en otros ámbitos, pese a

que Dios no ha creado al hombre

“sumiso”, sino libre. Pero volvamos

a nuestro asunto, porque aún

hemos de tentar llegar al primigenio

Belén, justo donde se celebró la

primigenia Navidad:

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Da quanto segnalato si faceva eco il

monastero di Silos o Azillos (Burgos), poiché

durante il Medioevo era chiamato la “Domus

Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), e adeso

mi sono accorto perché gli si chiamò silo a quel

grande deposito di grano

del mio paese, una

domanda che nessuno

sapeva rispondermi nella

mia infanzia. Peccato che

questa benedetta parola

da radice così antica

come la vita stessa sia

stata profanata per

designare i nuovi luoghi

dove si occultano i missili

della morte.

Per certo che Azillos, en basco, anche

significa seme.

Tutto, infine ci porta alla Cibeles della

barnagla, alla civilizada Azenea > Atenea, ecc.

Perché anche il nome di Atena è una

variante di Azena, cioè, che Atena era un’altra

“Città del seme di Dio”, replica di quella di

Burgos, come anche questa lo era della

primigenia Silos dell’Atlantide, e presto si verrà

perché facciamo quest’affermazione:

Abbondando nello stesso, e per dare

ragione di esso, dire che nel intorno del

monastero di Silos ci sono diversi luoghi che si

chiamano Azeña (mulino), addirittura della villa

di Azinas e, secondo Jorge María, la acropoli

sicuramente più antica ed estraordinaria del

Pianeta: Quella della Rupe Karazo o “Alto de

San Carlos o de la MIRAndilla”,

la KONtrebia

celtiberica dalla

quale ci sono vestigi

di uno suo antico

nome, Azilloz, senza

mancare, a suo

fianco, l’opportuno

eremo dedicato alla

“Virgen del Sol”

(Madonna del Sole).

Più lontano -in

Grecia- c’è Atena, o Azenai, cioè che, sebbene i

greci anche lo abbiano dimenticato la sua

capitale continua a essere “città del seme”.

De cuanto se ha señalado se hacía eco el

monasterio de Silos o Azillos (Burgos), por

cuanto en la Edad Media era llamado “Domus

Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), y acabo

de enterarme por qué se le llamó silo a aquel

gran almacén de

grano de mi pueblo,

algo que nadie me

supo decir en mi

infancia. Lástima que

esta bendita palabra

de raigambre tan

antigua como la vida

misma haya sido

profanada para

designar a los

nuevos lugares

donde se ocultan los misiles de la muerte.

Por cierto que Azillos, en vasco, también

significa semen.

Todo, en fin, nos lleva a la Cibeles de la

barnagla, a la civilizada Azenea > Atenea, etc.

Porque también el nombre de Atenas es

una variante de Azena, o sea, que Atenas era

otra “Ciudad del Semen de Dios”, réplica del

Silos burgalés, lo mismo que ésta lo era de la

primigenia Silos de la Atlántida, y pronto se

verá por qué hacemos esta afirmación:

Abundando en lo mismo, y para dar razón

de ello, decir que en el entorno del monasterio

de Silos hay varios lugares que se llaman Azeña

(molino), amén de la villa de Azinas y, según

Jorge María, la acrópolis seguramente más

antigua y extraordinaria del Planeta: La de Peña

Karazo, “Alto de

San Carlos o de la

MIRAndilla”, la

KONtrebia

celtibérica, de la

que hay vestigios

de su antiguo

nombre, Azilloz, sin

faltar, a su lado, la

oportuna ermita

dedicada a la

Virgen del Sol. Más lejos -en Grecia- está

Atenas, o Azenai, o sea que, aunque también

los griegos lo hayan olvidado, su capital

continúa siendo “ciudad del semen”.

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In altre parole: Il monastero di Azilos >

Silos, era la versione medievale

dell’antichissima città sacra di Karazo =

KONtrebia = Mirandilla, trovata da Jorge María

nel 1990. Si tratta di un’acropoli che fu la più

importante del Pianeta durante migliaia di anni,

e alla quale il nostro filologo postula come

“indiscutibile Santa Sede” del “cristianismo

preistorico” o, come a me piace dire, del nostro

“Antico Testamento”. Suo nome celtiberico è

KONtrebia Leukada. Merita dirsi che uno escavo

fatto in questa città, diretto dallo stesso Jorge

Maria, fece apparire, a pochi metri di

profondità, industria litica dal paleolitico medio,

tra 150 e 50 mille anni. Un giacimento che

potrebbe essere molto

più importante di

Atapuerca che, a giorno

di oggi è il più

importante del mondo.

Per il momento,

KONtrebia ci rimanda a

Kantabria, prolungazione

orientale di Asturias, e

alla nostra protagonista la

KONcha o Barnagla.

E dove ci rimanda

Leukada?

En otras palabras: El monasterio de Azilos

> Silos, era la versión medieval de la

Antiquísima ciudad Sagrada de Karazo =

KONtrebia = Mirandilla, hallada por Jorge María

en 1990. Se trata de una acrópolis que fue la

más importante del Planeta durante milenios, y

a la que el mismo descubridor postula como

“indiscutible Santa Sede” del “cristianismo

prehistórico” o, como a mí me gusta decir, de

nuestro “Antiguo Testamento”. Su nombre

celtibérico es KONtrebia Leukada. Cabe decir de

ella que una excavación dirigida por el mismo

Jorge María, hizo aparecer, a pocos metros de

profundidad, industria lítica del paleolítico

medio, entre hace 150 y

50 mil años. Un

yacimiento que podría ser

mucho más importante

que el de Atapuerca que,

a día de hoy, es el más

importante del mundo.

De momento,

KONtrebia nos remite a

Kantabria, prolongación

oriental de Asturias, y a

nuestra protagonista la

KONcha o Barnagla.

¿Y a qué nos remite Leukada?

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Leukada < glauca, significa bianca e latte;

ecco i due principi generatrici della vita. Cioè,

che Leukada era la Città del latte… e del seme.

Leukada ci rimanda a Leuki > Likorea, la

città bianca situata nel Monte Parnaso, che era

riconosciuta come la città più antica del

Pianeta. Repliche del nome di Likorea

rimangono intorno a Liébana, in Cantabria:

Sierra di Ligoria, Picco Liguardi, il paese di

Liguerzana…, toponimi che, curiosamente,

danno ragione del paese dei primigeni liguri,

antecedenti dei greci e romani, come anche

della città di Lugo con il suo muro.

E dove si trovava la città di Leukada >

Leuki > Likorea?

Ebbene, sulla cima dell’Atlantide, oggi

sommersa di fronte al litorale asturiano, circa

60 km. al largo. E già abbiamo arrivato al

primigenio Belén, il luogo che vedesse nascere

la Madre della vita e che, a spese del racconto

di Matteo sulla nascita del Figlio di Dio nel

“Belén giudeo”, il fervore della Chiesa ci fece

dimenticare, insieme al Camino, oltre al mito

che dava ragione di ambedue.

Ebbene, questo non è giusto, e la Santa

Madre Chiesa dovrebbe incominciare ad

accorgersi di esso e domandare perdono. Più

cose, a modo d’illustrazione e complemento:

Sappiamo che Burgos è il “CAPUT

CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la

"PRIMA VOCE ET FIDE", cioè: “Capo

di Castiglia”, “Camera del Re” e la

“Prima nella voce e la fede”.

Sappiamo anche che la sua cattedrale

era la più formidabile dell’Europa e, il

suo castello, fino che lo volarono i

francesi nel 1812, il maggiore della

Spagna, se non del Continente.

Leukada < glauca, significa blanca y

leche; he aquí los dos principios generadores

de la vida. O sea, que Leukada era la Ciudad de

la Leche…, y del semen.

Leukada nos remite a Leuki > Likorea, la

ciudad blanca situada en la cumbre del Monte

Parnaso, que era reconocida como la ciudad

más antigua del Planeta. Réplicas del nombre

de Likorea quedan en torno a Liébana, en

Cantabria: Sierra Ligoria, Pico Ligüardi, pueblo

de Ligüerzana…, topónimos que, curiosamente,

dan razón del país de los primigenios ligures,

antepasados de griegos y romanos, y también

de la ciudad de Lugo con su muralla.

Y, ¿dónde estaba la ciudad de Leukada >

Leuki > Likorea?

Pues en la cumbre de la Atlántica, hoy

sumergida frente a las costas asturianas, unos

60 km. mar adentro. Y ya hemos llegado al

primigenio Belén, al lugar que viera nacer a la

Madre de la vida y que, a costa del bello relato

de Mateo sobre el nacimiento del Hijo de Dios

en el “Belén judío”, el fervor de la Iglesia nos

hizo olvidar, junto con el Camino, más el mito

que daba razón de ambos.

Pues eso no está bien, y la Santa Madre

Iglesia ya tendría que empezar a tomar

conciencia de ello y pedir perdón. Más cosas, a

modo de ilustración y complemento:

Sabemos que Burgos es la “CAPUT

CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la

"PRIMA VOCE ET FIDE", o sea: “Cabeza

de Castilla”, “Morada del Rey” y la

“Primera en la palabra y en la fe”.

Sabemos también que su catedral era la

más formidable de Europa y, su castillo,

hasta que lo volaron los franceses en

1812, el mayor de España si no del Continente.

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A che si dovevano gli onori e l’estrema

magnificenza di questa città?

Ebbene, a che

era una replica

della città di

KONtrebia Leukada,

con tutto quello che

significava a livello

politico e religioso.

Così lo testimonia,

ad esempio, la sua

Patrona, Santa Maria la Bianca, replica cristiana

della Ballanzia, Minerva, Venus… che in Burgos

riceve il nome di Flora, curioso nome della

sua prima Patrona, la “Mítica moglie nata

nell’Oceano”. Perché non si deve

associare Flora con i fiori, ma piuttosto

con parole come flotta, flottare, fluire,

“fletar” (noleggiare), affiorare…, tutte

relazionate con il mare. Questo mi porta

a pensare nei fiori come “barnagle” o

conchiglie che l’etimologia lega

all’oceano, e che sono il reclamo perché

in esse affiori la vita, non senza

l’intervento del Astro o Stella solare dall’alto e

dall’acqua del mare da sotto; acqua che, dopo

prodigioso e labirintico anfratto, gli apporta la

stessa pianta. Torniamo però a Burgos:

In questa città anche c’è la Certosa di

“Mira-flores”, nome che si potrebbe leggere

come “Signora del Mare”; per questo Flora è

anche conosciuta come Kristina, e già sappiamo

che Kristos era l’epiteto per antonomasia che

diedero a Gesù, e il cui origine anche è nella

nostra primigenia mitologia, che non nella

giudaica.

Altre copie, come quella di KONtrebia

Leukada burgalesa, senza uscire

della Spagna sono: Alicante, che in

epoca romana ancora era

conosciuta come Akra Leuka

(Roccia Bianca); Luzena, San Lúkar

de Barrameda… nei cui stemmi

figurano le acque sulle quali si

alzavano le “Colonne di Hercule”, e

il torrione di Castiglia, ricordo

dell’antica torre di Babele e simbolo

della città Bianca, e la Stella delle 8

punte che figura l’Astro Re.

¿A qué se debían los honores y la

extrema magnificencia de esta ciudad?

Pues a que

era una réplica de la

ciudad de KONtrebia

Leukada, con todo

lo que significaba a

nivel político y

religioso. Así lo

atestigua, por

ejemplo, su Patrona,

Santa María la Blanca, réplica cristiana de la

Ballanzia, Minerva, Venus… que en Burgos

recibe el nombre de Flora, curioso nombre de

su primera Patrona, la “Mítica

mujer nacida en el Océano”.

Porque no hay que asociar Flora

con las flores, sino con palabras

tales como flota, flotar, fluir, fletar,

aflorar…, todas relacionadas con el

mar. Esto me lleva a pensar en las

flores como conchas o barnaglas

que la etimología liga al océano, y

que son el reclamo para que en ellas

aflore la vida, no sin la intervención

del Astro o Estrella solar desde lo alto y del

agua del mar desde abajo; agua que, tras

prodigioso y laberíntico vericueto, les aporta la

misma plata. Pero volvamos a Burgos:

En esta ciudad también está la Cartuja de

Mira-flores, nombre que se podría leer como

“Señora del Mar”; por eso Flora también era

conocida como Kristina, y ya sabemos que

Kristos era el epíteto por antonomasia que

dieron a Jesús, y cuyo origen también está en

nuestra primigenia mitología, que no en la

judía.

Réplicas como la de KONtrebia

Leukada burgalesa, sin salirnos de

España son: Alicante, que en época

romana aún se conocía como Akra

Leuka (Peña Blanca); Luzena, y San

Lúkar de Barrameda… en cuyos escudos

figuran las aguas sobre las que se

alzaban las “Columnas de Hércules”, y

el torreón de Castilla, recuerdo de la

antigua “Torre de Babel” y símbolo de la

ciudad Blanca, y la Estrella de 8 puntas,

que representa al Astro Rey.

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Come si dice, “qui non c’è imbroglio né

cartone”. Qui non ci sono delle invenzioni, né

favole, leggende né opinioni. Soltanto toponi-

mia, parole, araldica, logica linguistica e che il

lettore pensi e decida, che niente s’impone.

KONtrebia Leukada anche fu modello per

la stessa Atena, migliaia di anni più moderna, la

cui prima acropoli era situata sul Monte

Lykaion, consacrato a Zeus Lykaios e ad Apolo

Lykeios, rappresentato questo come un lupo

(λύκος), animale così frequente nell’araldica

cantabrica, perso nella greca e scambiato -o

forse non tanto- per una

lupa a Roma.

Come si vede, incluso

il latte della lupa romana,

tutto e bianco latteo, come il

nome dell’originale città di

Leukada nell’isola Tri-Leuki.

Più ancora:

L’isola Tri-Leuki è ricordata nella mitologia

greca con il nome di Leuko-Fris e Kolonas, da

dove deriva il nome de la Koruña, città gallega,

e al quale precede quel di Kolina > Klunia, città

celtibera (nel termine di Koruña del Conde,

Burgos), che sarebbe capitale dell’Ispania

Settentrionale nei tempi dei romani.

Se questo fosse poco, per

patentare che era replica o erede di

altre più antiche, è fiancheggiata da

due popolazioni denominate

Likuerda e Peña Alba de Castro,

replica, questa, dell’Albarnia, che

anche rispose altrove ai nomi di

Ibernia, Bernecia > Venecia.

Como se dice, “aquí no hay trampa ni

cartón”. Aquí no hay inventos, ni fábulas,

leyendas ni opiniones. Sólo toponimia, palabras,

heráldica, lógica lingüística y que el lector

piense y decida, que nada se impone.

KONtrebia Leukada también fue modelo

para la misma Atenas, miles de años más

moderna, cuya primera acrópolis estaba en el

Monte Lykaion, consagrado a Zeus Lykaios y a

Apolo Lykeios, representado éste como un lobo

(λύκος), animal tan frecuente en la heráldica

cántabra, perdido en la griega y confundido -o

tal vez no tanto- con una loba

en Roma.

Come se ve, incluida la

leche de la loba romana, todo es

blanco lácteo, como el nombre

de la original ciudad de Leukeda

en la isla Tri-Leuki. Más aún:

La isla Tri-Leuki es recordada en la

mitología griega con el nombre de Leuko-Fris y

Kolonas, de donde deriva el nombre de La

Koruña, y al que antecede el de Kolina >

Klunia, ciudad celtíbera (en el término de

Koruña del Conde, Burgos), que sería capital de

la Hispania Septentrional en tiempos de los

romanos. Por si fuera poco, para

patentar que era réplica o heredera

de otras más antiguas, está

flanqueada por sendas poblaciones

llamadas Likuerda y Peña Alba de

Castro, réplica, ésta, de otra

Albarnia, en el litoral norteño, que

respondió a los nombres de

Ibernia, Bernecia > Venecia.

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Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña

ci ricorda le Colonne di Hercule o di Gaza, dalle

quale vuole essere una replica il “faro coruñés”

di Hercule. Cioè, che l’isola Tri-Leuki fu una

delle Kolinas = Columnas di Hercules, in cui

dintorni nacque la protagonista del primigenio

Belén. Finisco:

Adesso sappiamo, per i vangeli

dell’infanzia, che Gesù, essendo Figlio di Dio,

nasce dalla Vergine Maria pe opera dallo Spirito

Santo. Ebbene: Senza entrare in alte teologie,

sarebbe interessante indagare per sapere un

po’ di più sul padre della risaputa mitica moglie,

una cosa che penso intraprendere in un altro

racconto, se mi fosse possibile.

Per il momento, e dopo tanto discorso

“pagano”, una citazione della lettera di San

Giacomo il Minore:

“Perché così l’ha voluto, il Padre ci ha

generati per mezzo della parola di verità, per

essere una primizia delle sue creature” (Giac 1,

18).

E dico io: Con questa terminologia e

questi concetti così neotestamentari come

prosaici, come vergognarsi di quei che i nostro

Antico Testamento ci trasmessi fino a 2000 anni

fa? Nemmeno oggi si può fare un po’ di dialogo

ecumenico?

È chiaro che nella lettera di san Giacomo

non c’è sperma né latte, ma se non si

sottovaluta la creta o il fango, perché

disistimare altri principio? E se Adamo ed Eva

erano degni di redenzione, potrei concedere

che più redenzione di loro necessitassero l’Astro

re e l’originale Ballanzia, ma

non che fossero rei di morte o

dell’eterno oblio. Ecco “il

corpo del delitto” nel quale la

Chiesa, se non l’agente

principale, almeno fu

collaboratrice necessaria.

NOTA: La “filologia” deo miei scritti è o sta

inspirata in quella di Jorge María Ribero-Meneses.

P.S., nella pagina seguente.

Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña

nos recuerda las Columnas de Hércules o de

Gaza, de las que quiere ser réplica el faro

coruñés de Hércules. O sea, que la isla Tri-

Leuki fue una de las Kolinas = Columnas de

Hércules, en cuyo entorno nació la Diosa

protagonista del primigenio Belén. Termino:

Ahora sabemos, por los Evangelios de la

infancia, que Jesús, siendo Hijo de Dios, nació

de la Virgen María por obra del Espíritu Santo.

Pues bien: Sin meternos en altas teologías,

sería interesante indagar para saber algo más

sobre el padre de la mítica mujer de marras,

algo que pienso acometer en otro relato, si me

fuera posible.

De momento, y tras tanto discurso

“pagano”, una cita de la carta de Santiago el

Menor:

“Porque así lo quiso, el Padre nos ha

engendrado con la palabra de la verdad, para

que seamos la primicia de sus criaturas” (Sant

1, 18).

Y digo yo: Con esta terminología y estos

conceptos tan neotestamentarios como

prosaicos, ¿cabe avergonzarse de los que

nuestro Antiguo Testamento nos transmitió

hasta hace 2000 años? ¿Ni siquiera hoy cabe un

dialogo ecuménico?

Está claro que en la carta de Santiago no

hay esperma ni leche, pero si no se infravaloró

el barro o el lodo, ¿por qué despreciar otros

principios? Y si Adán y Eva eran dignos de

redención, podría otorgar que más redención

que ellos necesitaran el Astro rey y la original

Ballazia, pero no que fueran

reos de muerte o del eterno

olvido. He ahí “el cuerpo del

delito” en el que la Iglesia, si

no el agente principal, al

menos fue colaboradora

necesaria.

NOTA: La “filología” de mis escritos es o está

inspirada en la de Jorge María Ribero-Meneses.

P.S., en la página siguiente.

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P.S.: Ecco un Apostolo San Giacomo su una placca di oro che si conserva nel museo del Louvre e che mi offre Jorge María a ultima ora, anche con l’opportuna glossa. Osservate la vieira sulla sua testa che lo accredita come tale.

Comunque, addirittura di questo attributo, ci sono altri che il moderno Apostolo ha perso, cioè:

- La torre sulla quale imparte dottrina, e che rappresenta, niente di meno, che il faro della fine del mondo, dal quale si vuole fare ecco la Torre di Ercole della Coruña.

- Il serpente, che rappresenta le temibili onde del mare sulle quali era eretta la tale Torre.

- La rampa -scala?-, che ricorda quella che in forma elicoidale circondava la stessa Torre da basso in alto, perché anche potessero salire le cavallerie, lo quale non scarta altra interiore, come nella Giralda di Sevilla, per scendere.

Devo aggiungere che il personaggio della placa non è identificato come Apostolo San Giacomo, ma come il Preste Giovanni da Abissinia e L’India. Cioè, che anche attraverso il Preste abissino, il nostro Apostolo San Giacomo ci rimanda all’ancestrale Ercole e a Jerion, il nostro primo re mitico. Addirittura, capita che il Jerion ispano era chiamato Joanne Eskotos (come il nostro celebre francescano). Il nome, Joanne, ci rimette ai due Giovanni evangelici, quel che battezzava nel Giordano e quel che morì a Patmos (acqua, in greco, dove galleggiano gli ippopotami), e il cognome, Eskotos, ci rimette agli eskiti, nel cui paese Dio creò la vita e piantò due alberi come monumento ricordativo della creazione di Adamo ed Eva.

Insomma: Tutti questi personaggi se identificano come un ecco del mitico Dio d’Occidente: l’Astro re in versione patriarcale, e tutti loro, come i Re Magi, ci portano in cammino all’originale Santiago de Compostela, al primigenio Belén (presepio) spagnolo.

P.S.: He aquí un Apóstol Santiago sobre una placa de oro que se conserva en el Museo del Louvre y que me ofrece Jorge María a última hora, junto con la oportuna glosa. Observad la vieira sobre su cabeza que lo acredita como tal.

Pero, además de este atributo, hay otros que el moderno Apóstol ha perdido, a saber:

- La torre sobre la que imparte doctrina, la cual representa, ni más ni menos que

el faro del fin del mundo, del que se quiere hacer eco la Torre de Hércules de la Coruña.

- La serpiente, que representa las temibles olas del mar sobre las que tal torre se erigía.

- La rampa -¿escalera?-, que recuerda la que de forma helicoidal circundaba la misma Torre de abajo arriba, para que también pudieran subir las caballerías, lo que no descarta otra interior, como en la giralda de Sevilla, para bajar.

He de añadir que el personaje de la placa no es identificado como el Apóstol Santiago, sino como el Preste Juan de Abisinia y La India. O sea que, también a través del Preste abisinio,

nuestro Apóstol Santiago nos remite, al ancestral Hércules y a Jerión, nuestro primer rey mítico. Además, resulta que el Jerión hispano era llamado Joannes Eskotos (como nuestro célebre franciscano). El nombre, Joannes, nos remite a los Juanes evangélicos, al que bautizaba en el Jordán y al que murió en Patmos (agua, en griego, donde bucean los hipopótamos), y el apellido, Eskotos, nos remite a los eskitas, en cuyo país Dios creó la vida y plantó dos árboles como monumento recordatorio de la creación de Adán y Eva.

En resumen: todos estos personajes se identifican como un mismo eco del mítico Dios de Occidente: el Astro rey en versión patriarcal, y todos ellos, como los Reyes Magos, nos llevan de camino al original Santiago de Compostela, al primigenio Belén español.